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19
Dic

La “Sacra Conversazione” del 1520 di Tiziano esposta a Milano

Anche quest’anno, per le festività di fine anno, a cominciare già dalla ricorrenza di Sant’Ambrogio (1) che a Milano, con la “prima” della Scala e la “Fiera degli Oh Bej! Oh Bej!” (2),  apre di fatto il lungo periodo dei festeggiamenti, il Comune di Milano ospita e offre alla visione dei visitatori un’altra eccellente opera di alto valore artistico.

Il protagonista di quest’ultimo incontro dei milanesi con i capolavori dell’arte è Tiziano con la “Sacra Conversazione” del 1520, la maestosa pala d’altare (Pala Gozzi) proveniente dalla Pinacoteca Civica “Francesco Podesti” di Ancona.

Il tradizionale appuntamento natalizio con l’arte a Palazzo Marino, giunto alla sua decima edizione, è tornato dunque con l’esclusivo capolavoro di Tiziano Vecellio (3) nella stupenda Sala Alessi, aperta al pubblico dal 5 dicembre al 14 gennaio 2018 e, come sempre, con ingresso libero. I visitatori vengono accolti, in piccoli gruppi, da storici dell’arte e accompagnati lungo lo straordinario percorso espositivo.

Anch’io e mia moglie, pure quest’anno, abbiamo  partecipato all’ormai consueto evento e siamo rimasti affascinati dalla bellezza dell’opera e dalla maestria dell’allestimento.

Insieme all’indiscussa importanza storico-artistica del dipinto di Tiziano, la scelta del Comune di portare a Palazzo Marino un’opera della Pinacoteca di Ancona, testimonia la vicinanza di Milano al Capoluogo marchigiano, che svolge un ruolo fondamentale come centro di raccolta di numerose opere d’arte, tra cui molti capolavori, provenienti dalle zone colpite dal  terremoto dello scorso anno; vicinanza dimostrata anche attraverso il costante e generoso impegno della città di Milano a favore di un territorio in difficoltà.

Grazie all’originale allestimento, frutto di un importante progetto curato dall’architetto Corrado Anselmi, i visitatori  hanno la possibilità di osservare, straordinariamente,  non solo il capolavoro di Tiziano ma anche il retro della tavola, dove sono presenti schizzi a matita, in parte ombreggiati a pennello, realizzati dallo stesso Tiziano e raffiguranti varie teste, una delle quali potrebbe essere il bozzetto per il Bambino in una prima stesura del dipinto. La possibilità di ammirare anche il retro della grande pala d’altare (olio su tavola, 312 x 215 cm) consente di scoprire come venivano realizzate nel Cinquecento queste opere che tanta importanza e diffusione hanno avuto nella storia dell’arte del nostro Paese.

Dipinta nel 1520 dall’allora trentenne Tiziano per il mercante Luigi Gozzi di Dubrovnik (città nota anche con la denominazione di “Ragusa” e ubicata lungo la costa della Dalmazia), e destinata all’altare principale della locale Chiesa di San Francesco, la “Sacra Conversazione” è il primo dipinto firmato e datato di Tiziano a noi noto. Infatti, in un cartiglio nella parte bassa dell’opera, si legge: “ALOYXIUS GOTIUS RAGOSINUS / FECIT FIERI / MDXX / TITIANUS CADORINUS PINSIT”.

Questa importante opera di Tiziano andò poi ad arricchire la Chiesa del convento francescano ad Alto, ad Ancona, per volontà dello stesso  mercante raguseo Luigi Gozzi che era stato ben accolto dalla città. Secondo la tradizione, il luogo in cui la Chiesa fu eretta era stato scelto dallo stesso San Francesco nel 1219, anno in cui era ad Ancona per imbarcarsi per l’Egitto; il suo viaggio era motivato dalla volontà di portare una parola di pace in una terra funestata dalle lotte tra Cristiani e Musulmani. La denominazione “Ad Alto” sarebbe quindi tratta dalle parole stesse del Santo di Assisi, che le pronunciò mentre si trovava sulle banchine del porto, indicando il colle Astagno come luogo in cui erigere il primo convento francescano di Ancona.

A seguito dell’Unità d’Italia la Chiesa venne demanializzata e secolarizzata (in epoca più recente, poi, il complesso francescano divenne sede del Distretto Militare) e gli arredi, le sculture e i dipinti trovarono ricollocazione in vari luoghi della città. La Pala di Tiziano, in particolare, ha trovato collocazione presso la Pinacoteca Civica Francesco Podesti di Ancona.

La tavola dell’artista cadorino (nato a Pieve di Cadore), è una tappa decisiva nell’affermarsi di una nuova forma di pala d’altare, svincolata dagli schemi architettonici e prospettici del Quattrocento. Una rivoluzione che era stata intuita da Leonardo con la Vergine delle Rocce, proseguita da Raffaello, ma interpretata da Tiziano con uno spirito aperto alla natura. L’opera appartiene al tradizionale genere iconografico della pala d’altare definita ‘Sacra Conversazione’: la Madonna con il Bambino appare improvvisamente in un cielo di nuvole in vibrante movimento, infuocato dalla luce magica del tramonto; in basso contemplano sbigottiti la visione San Francesco, a cui era dedicata la Chiesa che ospitava la Pala, e San Biagio vescovo e protettore della città dalmata, che indica al committente inginocchiato l’apparizione celeste.

Immerso in una calda luce reale, un paesaggio irripetibile, dove spiccano in primo piano le relazioni visive tra i personaggi: ognuno guarda qualcuno, sino ad arrivare al Bambin Gesù che a sua volta punta lo sguardo all’esterno, sullo spettatore, che viene così a diventare parte dell’opera stessa. Sullo sfondo della rappresentazione, ben visibile, il bacino di San Marco con il Palazzo Ducale e il suo campanile.
Un dipinto grandioso che unisce Venezia, Ancona e Dubrovnik: Tiziano sembra suggerire un’alleanza tra i tre più importanti porti dell’Adriatico, sullo sfondo delle turbolenze politiche sul suolo italiano e dell’espansionismo ottomano.

A valorizzare ancor di più il capolavoro, l’impianto illuminotecnico a cura dell’architetto Francesco Murano, che ha utilizzato la tecnica della luce miscelata, ottenuta componendo luci calde e fredde, favorendo così una visione particolarmente brillante dei colori con particolari faretti.

Curata da Stefano Zuffi, la mostra è promossa da Comune di Milano, Intesa Sanpaolo – partner istituzionale – con il sostegno della “ Rinascente”. L’iniziativa è coordinata da Palazzo Reale e realizzata insieme alla Città di Ancona – Pinacoteca Civica “Francesco Podesti” in collaborazione con le Gallerie d’Italia di Piazza Scala e organizzata con Civita.

Note:

(1) Sant’Ambrogio, Patrono di Milano, ricorrenza 7 dicembre.

(2) Fiera degli Oh Bej! Oh Bej!” . Si accendono le luci di Milano sull’Avvento e puntuali, a partire dalla settimana di Sant’Ambrogio, tornano i mercatini natalizi della tradizione popolare. Su tutti la “Fiera degli Oh Bej! Oh Bej!” Inossidabile e frequentatissima. Con il suo richiamo anticipa – da oltre cinque secoli – l’atmosfera tipica delle festività natalizie, tra colori, profumi e sapori. Dal 5 all’8 dicembre di ogni anno il perimetro attorno al Castello Sforzesco (un tempo, invece, negli spazi antistanti l’antica Basilica di Sant’Ambrogio) si popola con tantissimi espositori. Presenti rigattieri, fioristi e artigiani, venditori di stampe e libri, abbigliamento e accessori moda. Immancabili i giocattoli e i palloncini. E tante leccornie: dolci e caldarroste, oltre a vin brulè e i “Firunatt”, filoni di castagne affumicate.

(3) Tiziano Vecellio (Pieve di Cadore, 1488/1490 – Venezia, 27 agosto 1576) è stato pittore italiano, cittadino della Repubblica di Venezia.

Foto: Lorenzo Bove

9
Dic

“Amore e Psiche” a Milano, in un contesto incantato!

Una scultura e un dipinto, congiuntamente, in un’esposizione straordinaria che rievoca il mito di “Amore e Psiche”, attraverso due capolavori neoclassici: l’opera scultorea “Amore e Psiche stanti” di Antonio Canova e la tela “Psyché et l’Amour” di François Gérard.

Un confronto inedito tra pittura e scultura, due meraviglie del Louvre esposte per la prima volta insieme nel cuore di Milano, protagonisti “Amore e Psiche” e la loro storia d’amore.

I due capolavori dell’arte neoclassica, messi a disposizione dal Museo del Louvre di Parigi, sono ospitati presso la prestigiosa Sala Alessi di Palazzo Marino di Milano dal 1 dicembre 2012 al 13 gennaio 2013.

Il mito di  “Amore e Psiche” raccontato in due opere straordinarie, la scultura di Antonio Canova “Amore e Psiche stanti” del 1797 e “Psyché et l’Amour” il dipinto di François Gérard, realizzato un anno dopo, nel 1798.

Per la prima volta esposti insieme, in un contesto incantato, all’interno di Palazzo Marino, la nota sede del Comune a Milano.

E, in effetti, quando si entra nella cinquecentesca Sala Alessi si stenta quasi a riconoscerla, trasformata per l’occasione in un giardino notturno, idealmente quello in cui Zefiro porta Psiche per volere di Cupido. Una bellissima favola.

Per il quarto anno consecutivo, il Comune di Milano rinnova la partnership con il Louvre di Parigi, offrendo al pubblico milanese l’opportunità di ammirare, a Milano, capolavori del Louvre.

I capolavori protagonisti delle precedenti edizioni sono stati: “L’Adorazione dei pastori” e il “San Giuseppe falegname” di Georges de la Tour (lo scorso anno), “Donna allo Specchio” di Tiziano (nel 2010) e “San Giovanni Battista” di Leonardo da Vinci (nel 2009).

Quest’anno, due opere di straordinaria bellezza ispirate al mito greco di “Amore e Psiche”; due capolavori che, seppur in modo diverso,  rievocano la celebre leggenda mitologica.

La favola, contenuta nel libro “Le metamorfosi” di Apuleio (II secolo d.C.), narra la storia della giovane Psiche, una fanciulla talmente bella da scatenare la terribile gelosia di Venere e l’amore appassionato di Cupido.

Prima di potersi ricongiungere al suo divino consorte, la giovane è costretta a compiere una serie di prove, al termine delle quali otterrà l’immortalità.

Come in una sorta di percorso iniziatico, Psiche supera le prove che incontra lungo il suo cammino e riesce a raggiungere l’Olimpo, dove potrà finalmente sposare il suo Amore.

L’OPERA DI ANTONIO CANOVA: “AMORE E PSICHE STANTI”.

Antonio Canova (1757-1822) è uno degli scultori più apprezzati del Neoclassicismo italiano, figlio di uno scalpellino, muove i suoi primi passi nella bottega dello scultore G. Bernardi. Le sue prime opere rivelano riferimenti “berniniani”, che vengono presto superati con il gruppo scultoreo di “Dedalo e Icaro”; un’opera, anch’essa ispirata alla mitologia classica, che permette al giovane Canova di compiere un viaggio a Roma, dove rimane folgorato dalla bellezza dei marmi d’ispirazione classica e ha l’opportunità di farsi conoscere sulla scena artistica internazionale. La sua capacità d’interpretazione si manifesta nel “Teseo sul Minotauro”, eseguito su commissione dell’ambasciatore veneziano in visita a Roma. Il successo della scultura frutta all’artista prestigiose commissioni nel mondo aristocratico ed ecclesiastico. Fra queste spiccano i monumenti funebri, nei quali la morte è sviluppata su un duplice registro: quello civile della memoria dell’eroe come “exemplum virtutis” (come il monumento di Vittorio Alfieri) e quello elegiaco del ricordo degli affetti e delle virtù personali (il monumento funebre a Maria Cristina d’Austria ne è un esempio).  Dopo aver affrontato il tema della morte, Canova realizza opere a sfondo mitologico. La più famosa è senza dubbio “Amore e Psiche”, commissionata nel 1797 dal colonnello scozzese John Campbell e successivamente acquisita da Napoleone. Ispirato alla favola di Apuleio, il gruppo scultoreo ritrae l’attimo in cui la fanciulla, drappeggiata in un sottile velo, prende la mano di Amore per deporvi una farfalla, simbolo della propria anima. Il giovane dio, di poco più basso, poggia la testa sulla spalla della donna, cingendole il collo con il braccio destro. Il gesto d’amore, immortalato dallo scalpello in un non-tempo immaginifico, è sorretto da un piedistallo decorato con ghirlande e farfalle, che coniugano la precisione tecnica con il fascino delle favole antiche.

L’OPERA DI FRANÇOIS GÉRARD: “PSYCHÉ ET L’AMOUR”.

François Gérard (1770-1837) è un pittore e incisore francese, ma nato a Roma nel 1770 e trasferitosi con la famiglia a Parigi appena dodicenne, dove iniziò la carriera artistica che lo vide presto allievo del famoso Jacques-Louis David, per poi prenderne le distanze nel corso del suo percorso artistico. Lo stile di Gerard si distingue per la serenità compositiva e la delicatezza cromatica, che improntano i suoi quadri mitologici quanto i dipinti storici, apprezzati soprattutto in età napoleonica. Dopo anni di travagli e difficoltà a seguito della morte del padre, espone al Salon del 1798 il suo “Psyché et l’Amour”, ispirato all’opera di Canova, ma più denso di erotismo. Il dipinto, considerato da Ingres come “il più bel quadro della scuola dopo David”, gli assicura un successo di pubblico tale da portarlo in brevissimo tempo a diventare il Primo Ritrattista di Francia. Secondo i critici d’arte, “Psyché et l’Amour” raffigura l’istante in cui Psiche immagina di ricevere il primo bacio di Amore (per volere di Venere alla donna era, infatti, impedito di vedere il dio). La freddezza solo apparente della composizione, le forme ben definite dai contorni e la resa minuziosa dei dettagli evidenziano la purezza della rappresentazione e la raffinatezza della sua ispirazione.

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