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Oltre centomila i morti di Covid-19 in Italia!
Abbiamo superato in Italia la fatidica soglia di centomila morti per Covid-19.
Una tragedia!
Questa mattina sul Corriere della Sera il giornalista Aldo Cazzullo riportava nel suo articolo il seguente interessante inciso:
“‘Una morte è una tragedia, un milione di morti è una statistica’. Autentica o apocrifa — come quasi tutte le frasi storiche — che sia, la cinica affermazione attribuita a Stalin andrebbe rovesciata. Centomila morti sono centomila tragedie. Di fronte a qualcosa di totalmente inatteso e inedito come una pandemia — almeno nell’arco delle nostre vite —, noi italiani abbiamo reagito a volte in modi opposti. A lungo è prevalsa una tendenza a sottovalutare, a sminuire, se non proprio a negare”.
Hanno perso la vita medici, infermieri, farmacisti, volontari, militari delle forze dell’ordine e tante altre persone normali. Per lo più persone anziane afflitte da malattie pregresse, ma anche persone più giovani senza distinzione di età, genere e classe sociale.
Oltre centomila morti; una soglia terribile che pone l’Italia tra i Paesi peggiori al mondo per mortalità da Covid-19. Un lunghissimo elenco iniziato il 21 febbraio del 2020 con Adriano Trevisan, settantasettenne pensionato di Vò Euganeo e prima vittima ufficiale del virus nel nostro Paese, e proseguito a ritmi forsennati, a parte i due mesi di illusoria tregua estiva quando i decessi erano scesi poche unità al giorno.
Entriamo così nel poco ambìto gruppo di Paesi che hanno superato i centomila decessi: erano cinque, con gli Usa capofila (537 mila morti), seguiti da Brasile (265 mila), Messico (190 mila), India (157 mila) e Regno Unito (124 mila) cui si aggiunge ora l’Italia, che primeggia per numeri assoluti nell’Unione Europea, dunque, con la Francia che segue (oltre 10 mila morti in meno), e Spagna e Germania distaccate (30 mila in meno).
Tanti, troppi morti, che ci riportano con la mente alle due Guerre Mondiali del secolo scorso e ci inducono a fermarci per un momento di riflessione: ogni volto, ogni caduto nella guerra da virus è un tassello del nostro Paese che è venuto meno. Non un esercito di sconosciuti ma nostri parenti ed amici, nostri vicini di casa e colleghi di lavoro, persone che incontravamo uscendo di casa, salendo sull’autobus, andando a scuola. Essi avevano nomi, origini, fedi, generi e colori diversi ma in comune l’appartenenza ad una comunità nazionale che ha il dovere di ricordarli per le future generazioni, come ben hanno già fatto alcune comunità della Lombardia duramente colpite dalla prima fase dell’epidemia, erigendo appositi ‘luoghi del ricordo’.
A tutt’oggi la situazione si presenta ancora molto critica e solo la campagna di vaccinazione di massa potrà verosimilmente contenere l’ondata nefasta di contagi e di decessi provocata dal coronavirus Covid-19, corroborato dalle nuove varianti che si vanno via via generando.
Ma è necessario soprattutto mantenere alta la guardia, evitando al nemico mortale di penetrare e propagarsi, ed eludendo per quanto possibile – da parte nostra – inutili contatti ed assembramenti di qualunque genere.
E’ talmente importante poter tornare alla normalità della vita e delle cose che val la pena mantenere ancora per un po’ questo stato di segregazione, che comporta enormi sacrifici e privazioni soprattutto negli affetti e nelle relazioni interpersonali.
Ce la possiamo fare, ce la dobbiamo fare, ce la faremo!