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“Amore e Psiche” a Milano, in un contesto incantato!
Una scultura e un dipinto, congiuntamente, in un’esposizione straordinaria che rievoca il mito di “Amore e Psiche”, attraverso due capolavori neoclassici: l’opera scultorea “Amore e Psiche stanti” di Antonio Canova e la tela “Psyché et l’Amour” di François Gérard.
Un confronto inedito tra pittura e scultura, due meraviglie del Louvre esposte per la prima volta insieme nel cuore di Milano, protagonisti “Amore e Psiche” e la loro storia d’amore.
I due capolavori dell’arte neoclassica, messi a disposizione dal Museo del Louvre di Parigi, sono ospitati presso la prestigiosa Sala Alessi di Palazzo Marino di Milano dal 1 dicembre 2012 al 13 gennaio 2013.
Il mito di “Amore e Psiche” raccontato in due opere straordinarie, la scultura di Antonio Canova “Amore e Psiche stanti” del 1797 e “Psyché et l’Amour” il dipinto di François Gérard, realizzato un anno dopo, nel 1798.
Per la prima volta esposti insieme, in un contesto incantato, all’interno di Palazzo Marino, la nota sede del Comune a Milano.
E, in effetti, quando si entra nella cinquecentesca Sala Alessi si stenta quasi a riconoscerla, trasformata per l’occasione in un giardino notturno, idealmente quello in cui Zefiro porta Psiche per volere di Cupido. Una bellissima favola.
Per il quarto anno consecutivo, il Comune di Milano rinnova la partnership con il Louvre di Parigi, offrendo al pubblico milanese l’opportunità di ammirare, a Milano, capolavori del Louvre.
I capolavori protagonisti delle precedenti edizioni sono stati: “L’Adorazione dei pastori” e il “San Giuseppe falegname” di Georges de la Tour (lo scorso anno), “Donna allo Specchio” di Tiziano (nel 2010) e “San Giovanni Battista” di Leonardo da Vinci (nel 2009).
Quest’anno, due opere di straordinaria bellezza ispirate al mito greco di “Amore e Psiche”; due capolavori che, seppur in modo diverso, rievocano la celebre leggenda mitologica.
La favola, contenuta nel libro “Le metamorfosi” di Apuleio (II secolo d.C.), narra la storia della giovane Psiche, una fanciulla talmente bella da scatenare la terribile gelosia di Venere e l’amore appassionato di Cupido.
Prima di potersi ricongiungere al suo divino consorte, la giovane è costretta a compiere una serie di prove, al termine delle quali otterrà l’immortalità.
Come in una sorta di percorso iniziatico, Psiche supera le prove che incontra lungo il suo cammino e riesce a raggiungere l’Olimpo, dove potrà finalmente sposare il suo Amore.
L’OPERA DI ANTONIO CANOVA: “AMORE E PSICHE STANTI”.
Antonio Canova (1757-1822) è uno degli scultori più apprezzati del Neoclassicismo italiano, figlio di uno scalpellino, muove i suoi primi passi nella bottega dello scultore G. Bernardi. Le sue prime opere rivelano riferimenti “berniniani”, che vengono presto superati con il gruppo scultoreo di “Dedalo e Icaro”; un’opera, anch’essa ispirata alla mitologia classica, che permette al giovane Canova di compiere un viaggio a Roma, dove rimane folgorato dalla bellezza dei marmi d’ispirazione classica e ha l’opportunità di farsi conoscere sulla scena artistica internazionale. La sua capacità d’interpretazione si manifesta nel “Teseo sul Minotauro”, eseguito su commissione dell’ambasciatore veneziano in visita a Roma. Il successo della scultura frutta all’artista prestigiose commissioni nel mondo aristocratico ed ecclesiastico. Fra queste spiccano i monumenti funebri, nei quali la morte è sviluppata su un duplice registro: quello civile della memoria dell’eroe come “exemplum virtutis” (come il monumento di Vittorio Alfieri) e quello elegiaco del ricordo degli affetti e delle virtù personali (il monumento funebre a Maria Cristina d’Austria ne è un esempio). Dopo aver affrontato il tema della morte, Canova realizza opere a sfondo mitologico. La più famosa è senza dubbio “Amore e Psiche”, commissionata nel 1797 dal colonnello scozzese John Campbell e successivamente acquisita da Napoleone. Ispirato alla favola di Apuleio, il gruppo scultoreo ritrae l’attimo in cui la fanciulla, drappeggiata in un sottile velo, prende la mano di Amore per deporvi una farfalla, simbolo della propria anima. Il giovane dio, di poco più basso, poggia la testa sulla spalla della donna, cingendole il collo con il braccio destro. Il gesto d’amore, immortalato dallo scalpello in un non-tempo immaginifico, è sorretto da un piedistallo decorato con ghirlande e farfalle, che coniugano la precisione tecnica con il fascino delle favole antiche.
L’OPERA DI FRANÇOIS GÉRARD: “PSYCHÉ ET L’AMOUR”.
François Gérard (1770-1837) è un pittore e incisore francese, ma nato a Roma nel 1770 e trasferitosi con la famiglia a Parigi appena dodicenne, dove iniziò la carriera artistica che lo vide presto allievo del famoso Jacques-Louis David, per poi prenderne le distanze nel corso del suo percorso artistico. Lo stile di Gerard si distingue per la serenità compositiva e la delicatezza cromatica, che improntano i suoi quadri mitologici quanto i dipinti storici, apprezzati soprattutto in età napoleonica. Dopo anni di travagli e difficoltà a seguito della morte del padre, espone al Salon del 1798 il suo “Psyché et l’Amour”, ispirato all’opera di Canova, ma più denso di erotismo. Il dipinto, considerato da Ingres come “il più bel quadro della scuola dopo David”, gli assicura un successo di pubblico tale da portarlo in brevissimo tempo a diventare il Primo Ritrattista di Francia. Secondo i critici d’arte, “Psyché et l’Amour” raffigura l’istante in cui Psiche immagina di ricevere il primo bacio di Amore (per volere di Venere alla donna era, infatti, impedito di vedere il dio). La freddezza solo apparente della composizione, le forme ben definite dai contorni e la resa minuziosa dei dettagli evidenziano la purezza della rappresentazione e la raffinatezza della sua ispirazione.