Una gita alle Tremiti
Lunedi 5 settembre 2011, partenza alle ore 8,40 da Termoli con la “Tremiti Jet” della NLG “Navigazione Libera del Golfo” e, solo dopo 50 minuti di navigazione, eccoci sbarcati sull’Isola di San Domino, nell’arcipelago delle Tremiti.
Le Isole Tremiti per la loro bellezza vengono definite “Le Perle dell’Adriatico” e sono meta preferita di moltissimi turisti. Le perle di questo magnifico arcipelago sono San Nicola, San Domino, Cretaccio, Capraia e Pianosa.
Un giro in barca dell’Arcipelagogo è d’obbligo per poter ammirare e visitare grotte, cale, punte e scogliere di rara bellezza, raggiungibili solo via mare.
Partiamo dallo scalo marittimo di San Domino e cominciamo il giro dell’isola, ammirando via via Cala delle Arene, Cala dello Spido, Punta Matano ed attigua Cala Matano, Punta del Pigno e relativa Cala, Scoglio dell’Elefante, Grotta del Sale ed attigua Cala, Grotta delle Viole, Cala dello zio Cesare, I Tre Segni, Grotta del Bue Marino, Architiello, Punta Secca, Grotta delle Rondinelle, Cala dei Benedettini, Cala degli Inglesi, Cala Tramontana, Cala Tamariello, Punta Diamante.
Il percorso prosegue costeggiando prima l’Isola del Cretaccio e, a seguire, l’Isola di San Nicola, fino a raggiungere l’Isola di Capraia, in prossimità della quale una sosta è doverosa per tuffarsi ed immergersi in un mare cristallino fra una miriade di pesci fino a scrutare la statua di San Padre Pio adagiata sul fondo.
Si riprende il giro costeggiando il lato opposto dell’Isola di San Nicola, fino ad approdare al suo scalo marittimo.
La visita a piedi della “Fortezza di San Nicola” offre un viaggio a ritroso nel tempo; una meta imperdibile per gli appassionati di storia tra fortezza, abbazia, cittadella e penitenziario.
Un bagno nelle acque limpide e trasparenti ai piedi della fortezza prima di risalire in barca e farsi traghettare nuovamente al punto di partenza dell’Isola di San Domino: un’isola d’incanto dove trascorrere soggiorni d’incanto in una delle strutture ricettive immerse nel verde dei pini d’aleppo.
Una passeggiata a piedi per 5 km circa di percorso, costeggiando tutte le insenature principali dell’isola, ed infine un bagno salutare a Cala delle Arene prima di imbarcarsi, alle 17,30, sulla “Tremiti Jet” per il viaggio di ritorno.
La Isole di Tremiti, tra storia e leggenda
In epoca romana le isole erano conosciute con il nome Diomedee, dal mitico eroe greco Diomede che secondo la leggenda, nel suo peregrinare nel mare Adriatico, si fermò nella Daunia dove fondò diversi centri, ma la sua vita ebbe fine nell’arcipelago dove fu anche sepolto. I suoi compagni furono trasformati da Venere in uccelli: le Diomedee, appunto, sono uccelli dalla grande apertura alare, che ogni primavera lasciano l’Africa Orientale verso l’Adriatico per nidificare sulle pareti a strapiombo tipiche della costa di queste isole. Il loro canto che si sente in particolare nelle ore notturne, altro non è che il lamento dei compagni di Diomede che piangono la perdita del loro eroe.
Molte narrazioni diverse tra loro sono accomunate nel collocare il luogo della scomparsa dell’eroe nelle isole Tremiti. Alcune parlano della morte avvenuta in seguito ad un naufragio, ma la versione più comune della leggenda narra del ritiro di Diomede, insieme ai suoi compagni, sull’arcipelago, dove andrà incontro alla morte. Sull’isola di San Nicola vi è una tomba di epoca ellenica chiamata ancora oggi tomba di Diomede.
Alcuni ritrovamenti sull’Isola di San Domino testimoniano la presenza dell’uomo Neolitico ed altre testimonianze dell’età del Bronzo sono state rinvenute sull’Isola di San Nicola. In quest’ultima sono presenti resti dell’età classico-ellenistica ed anche una “domus romanae”.
All’inizio dell’anno mille i Monaci Benedettini Cassinesi avevano fondato un centro religioso.
Nel Medioevo notevole importanza acquistò l’Abbazia fondata nel 1010 dai Benedettini Cassinesi sull’isola di San Nicola; la Chiesa di Santa Maria ed i resti della fortezza rappresentano uno dei gioielli architettonici più belli d’Italia.
L’abbazia fu soppressa nel 1780 da Ferdinando II che vi costituì una colonia penale ed in epoca fascista venne utilizzata come luogo di confino per i dissidenti del regime.
Oggi l’isola è abitata da meno di 500 residenti per tutto l’anno, mentre d’estate diventa un centro frequentatissimo.
Dal 1989 è stata istituita la riserva naturale marina delle Isole Tremiti.
Delle Isole Tremiti solo due sono abitate, l’Isola di San Domino e l’Isola di San Nicola, e sulla prima si concentrano la maggior parte delle strutture di accoglienza turistica, i residence, i villaggi turistici, gli hotel, i B&b e le pensioni.
L’isola è decisamente amata anche dai velisti e dai navigatori, che vi approdano durante tutta la stagione estiva, sebbene le isole non siano provviste di una vera e propria struttura portuale ma semplicemente di alcune banchine cui attraccare.
Alle Isole Tremiti non ci sono spiagge, se non in un paio di località: Cala delle Arene sull’isola di San Domino caratterizzata da una lingua di sabbia con accanto una suggestiva grotta dallo stesso nome lunga circa 10 metri, e Cala Pietra di Fucile, così chiamata per la singolare conformazione dei ciottoli che la compongono, tondi a tal punto che un tempo venivano forse usati proprio come proiettili.
Il fatto che non ci siano spiagge però non è certo scoraggiante, almeno per chi ama il mare, perchè le decine di calette che si possono raggiungere lungo il litorale, Cala dello Spido, Cala Matano, Cala degli Inglesi, Cala Tonda per ricordare solo quelle più conosciute, difficilmente fanno rimpiangere la spiaggia.
Un mare limpido così lo si può ammirare solo raramente, e lo si può verificare già dalla cima delle scogliere, prima di scendere nelle insenature a filo dell’acqua. E’ infatti possibile scorgere il fondo del mare già dall’alto, e per parecchi metri sott’acqua.
Inoltre le Isole Tremiti sono un vero e proprio paradiso per gli amanti delle immersioni ed anche nella pesca subacquea là dove è consentito dalle leggi che proteggono la riserva naturale.
Le isole Tremiti (o Diomedee) sono un arcipelago del mare Adriatico, sito 12 miglia nautiche a nord del promontorio del Gargano e 24 ad est della costa molisana.
Amministrativamente, l’arcipelago costituisce il comune italiano di Isole Tremiti di 496 abitanti della provincia di Foggia in Puglia.
Il comune fa parte del Parco Nazionale del Gargano e dal 1989 una porzione del suo territorio costituisce la Riserva naturale marina Isole Tremiti.
Anche essendo il più piccolo e il secondo meno popoloso comune della Puglia (con meno abitanti vi è solo Celle di San Vito), è uno dei centri turistici più importanti dell’intera regione.
Per la qualità delle sue acque di balneazione è stato più volte insignito della Bandiera Blu, prestigioso riconoscimento della Foundation for Environmental Education.
Nelle isole Tremiti la popolazione parla una lingua napoletana (il dialetto ischitano) anziché il dialetto foggiano, parlato nella vicina terraferma: questo è spiegabile in quanto l’isola fu popolata da Ferdinando II nel 1843 con pescatori provenienti da Ischia e da famiglie di mercanti del Regno delle due Sicilie che continuarono a parlare e a diffondere la lingua d’origine anche a distanza di tempo.
L’arcipelago è composto dalle isole di:
San Nicola, sulla quale risiede la maggior parte della popolazione e si trovano i principali monumenti dell’arcipelago.
San Domino, più grande, sulla quale sono insediate le principali strutture turistiche grazie alla presenza dell’unica spiaggia sabbiosa dell’arcipelago (Cala delle Arene).
Capraia (detta pure Caprara o Capperaia), la seconda per grandezza, disabitata.
Pianosa, un pianoro roccioso anch’esso completamente disabitato e distante una ventina di chilometri dalle altre isole.
Il Cretaccio, un grande scoglio argilloso a breve distanza da San Domino e San Nicola.
La Vecchia, uno scoglio più piccolo del Cretaccio e prossimo a questo.
Altre leggende
La fantasia popolare ha coronato ogni luogo delle isole di suggestioni.
All’isola-scoglio del Cretaccio è legata una leggenda, dalle tinte macabre, che vuole che su di esso si aggiri di notte, soprattutto in concomitanza di bufere, un uomo che regge tra le mani la sua testa, popolando lo scoglio argilloso delle sue urla. Sarebbe il fantasma di un detenuto evaso dalla colonia penale presente un tempo nell’arcipelago, che una volta ricatturato, fu decapitato proprio su quest’isolotto.
Ad arricchire la suggestione si aggiunge la credenza popolare che vuole che sullo scoglio attiguo, chiamato la Vecchia, prima di ogni temporale compaia il fantasma di una vecchia (da cui il nome dello scoglio) intenta a filare. Sarebbe lo spirito di una strega che in epoca remota fu proprietaria dello scoglio.
Roseto Capo Spulico … da scoprire!
Per Ferragosto sono tornato con mia moglie a Roseto Capo Spulico, dopo parecchi anni; circa una ventina, credo, da quando abbiamo avuto modo di soggiornarvi, per qualche giorno, la prima volta, ospiti anche allora di una sorella di mia moglie, che è proprietaria di un appartamento per le vacanze a Marina di Roseto.
L’impressione è che, nell’insieme, si sia registrato un certo miglioramento, sia riguardo alle infrastrutture esistenti, sia sul piano della ricettività e dell’offerta turistica in genere.
Un bel lungomare, lidi attrezzati, bar, ristoranti, alberghi, locali di intrattenimento e tanto ancora, in un contesto davvero speciale dove, nella cornice di un cielo azzurro, l’acqua trasparente del mare lambisce i ciottoli di una spiaggia che pare protetta dall’imponente castello medioevale a picco sul mare con l’antistante scoglio a forma di fungo.
E che dire, poi, di Roseto Capo Spulico paese, abbarbicato più su, a circa un paio di chilometri e mezzo dal mare, in un dedalo di strade e stradine che offrono al visitatore scorci panoramici unici, tra l’azzurro del mare e il verde lussureggiante dei monti che circondano il vecchio borgo.
Un tuffo nel passato fra case e palazzi d’un tempo, che fanno ritornare alla mente la vita e le gesta di popoli antichi vissuti prima di noi.
Una visita al Museo Etnografico della memoria storica, realizzato al piano terra del maestoso Castrum guiscardiano della porta urbica, è veramente quello che ci vuole per scoprire le radici di Roseto.
E’ possibile ammirare oggetti che per secoli sono stati il punto di riferimento di una vita fatta di miserie e di emarginazione, sotto lo sguardo premuroso di Narduzzo, un operaio emigrato all’estero e che, per un quarto di secolo, ha lavorato nelle miniere tedesche, il quale ha pazientemente raccolto arnesi, utensili, manufatti e tante cose interessanti, sistemandoli ordinatamente e rimanendone ora guida e geloso custode.
Alcuni angoli suggestivi del centro storico medioevale sono stati valorizzati da un primo (timido) tentativo sperimentale di pedonalizzazione, contestualmente ad alcuni sapienti interventi di restyling di antiche abitazioni, trasformate in B&B, in una logica di “albergo diffuso”, tra cui “La Piazzetta” in via delle Rose, 24.
E, poi, tornando al mare ….il Castello di Roseto, saldamente impiantato sulla scogliera protesa sul mare; il Castello Templare Federiciano “Castrum Petrae Roseti” (sec. X-XIII) con lo scoglio (denominato “incudine” o, più semplicemente, “scoglio del Castello”) a forma di fungo.
Una visita al Castello, alle sue sale, ai torrioni, offre dalla sua sommità una vista mozzafiato sul mare e verso i monti circostanti.
E, poi, il lungomare degli Achei.
La gastronomia basata sui prodotti locali di terra e di mare, la simpatia e la familiarità della gente completa il quadro di questo angolo di mondo che merita un sincero apprezzamento.
Qualche informazione in più su Roseto Capo Spulico (1)
Roseto Capo Spulico è un comune italiano della Calabria, con una popolazione inferiore ai 2.000 abitanti, in provincia di Cosenza situato nell’Alto Jonio Cosentino.
Centro turistico, con castello a picco sul mare.
Il nome Roseto deriva verosimilmente dal latino “rosetum”, data la diffusione della coltura delle rose in epoca greco-romana, che venivano utilizzate per riempire i guanciali delle principesse sibarite (di Sibari).
Infatti, in origine, ai tempi della Magna Grecia, Roseto era una delle città satellite di Sibari. A Roseto erano coltivate le rose, i cui petali servivano per riempire i materassi su cui i sibariti dormivano.
La Roseto odierna nacque nel X secolo d.C., allorchè il principe Roberto il Guiscardo vi costruì tra il 1058 e il 1085 il Castrum Roseti, raggiungendo il suo massimo splendore nel 1260 quando fu costruito il Castrum Petrae Roseti (castello di Roseto).
In epoca più recente, e più precisamente negli anni 70 del secolo appena trascorso, vennero costruiti i primi “residence”, che aprirono così le porte al turismo nello Jonio Calabrese e a Roseto Capo Spulico; turismo che è andato nel tempo sempre più sviluppandosi.
Negli anni ottanta Roseto è stato interessato da una radicale trasformazione, passando da paese prettamente agricolo a località turistica con discreta frequentazione soprattutto nel periodo estivo.
Attualmente rappresenta il principale centro turistico balneare dello Jonio Cosentino, con presenze maggiori nei mesi di luglio ed agosto che toccano punte di oltre 20.000 unità.
Le principali strutture ricettive sono i residence ed i condomini turistici che costituiscono per lo più le “seconde case” di calabresi, ma anche di gente che arriva dalla Puglia, Basilicata, Campania, senza escludere cittadini lombardi e piemontesi.
Nell’ ultimo decennio è aumentata l’ offerta ricettiva di tipo alberghiero, con numerosi B&B ed affittacamere, due alberghi tra cui il Resort “Cala dei Saraceni” inaugurato nel Giugno del 2008.
La spiaggia è prevalentemente libera, di tipo ciottoloso-ghiaioso, recentemente ampliata ed attrezzata con docce calde e fredde, passerelle e cestini per la raccolta dei rifiuti. Ma non mancano gli stabilimenti balneari attrezzati.
Monumenti e luoghi di interesse
• Il Castrum Petrae Roseti, castello medievale a picco sul mare (sec. XIII) Luogo di interesse culturale a livello nazionale
• Il Castrum Roseti, piccolo castello nel centro storico
• Il Museo Etnografico (già museo della civiltà contadina), tra i più importanti della Calabria, con oltre duemila oggetti conservati
• Il Centro Storico (sec. XIII)
• La Chiesa di Santa Maria della Consolazione (sec. XIV)
• Le suggestive spiagge del litorale (località Camping Monica, Baiabella, Il Castello, Capo Spulico)
• Il Lungomare degli Achei
• Lo Scoglio Incudine
• Il ghiaieto e la foce del Torrente Ferro (luogo di interesse naturalistico)
• L’ entroterra rosetano (luogo di interesse naturalistico)
Il Centro Storico
Di notevole interesse è il Centro storico, posto su di una bella altura digradante verso il mare. Risalente al Medioevo, possiede belle stradine e vicoletti che spesso offrono scorci panoramici sul mare. Il Centro storico è raggiungibile da una strada provinciale panoramica, lunga 3 km e in salita che si stacca dalla Strada Statale 106 Jonica. Prima di giungere a Roseto Centro si attraversa la piccola frazione Civita. Nel Centro Storico si trovano gran parte dei monumenti storici del paese.
Il Lungomare Degli Achei
Il Lungomare degli Achei si trova nella frazione Marina di Roseto Capo Spulico. È lungo 1.5 chilometri e negli ultimi anni è diventato il cuore del turismo estivo dell’Alto Jonio Cosentino. Vi è lungo il percorso un ampio marciapiede panoramico. Lungo questa strada si trova la Piazza Azzurra. Subito dopo il Castrum Petrae Roseti si congiunge con la Statale 106 Jonica, che nel tratto rosetano si presenta molto stretta e tortuosa ed a picco sulla spiaggia circondata dalla macchia mediterranea.
Lo Scoglio Incudine ed il Promontorio del Castello
Lo Scoglio Incudine si trova lungo la spiaggia sottostante al Castello e al Granaio, che si trovano arroccati sul piccolo Promontorio di Cardone (o del Castello) al termine del Lungomare degli Achei. Viene popolarmente chiamato il fungo del Castello ed è il simbolo oleografico di Roseto e dell’Alto Jonio Cosentino in quanto è presente in molte stampe d’ epoca e cartoline.
(1) Le informazioni sono state raccolte da siti internet, pubblicazioni e pieghevoli illustrativi.
Una Mostra Etnografica (permanente) a Poggio Imperiale
Un anno e mezzo fa auspicavo, su questo stesso mio sito, che alla singolare iniziativa del nostro compaesano Leonardo Iadarola fosse data la giusta visibilità che meritava.
Infatti, un mio articolo del 27 gennaio 2010 dal titolo «A Poggio Imperiale … la passione per le “antiche cose”!», che è possibile ancora leggere cliccando la pagina http://www.paginedipoggio.com/dblog/articolo.asp?id=63, ma che ad ogni buon conto riporto in calce al presente articolo, offre al lettore un’idea (solo un’idea poiché, nella realtà, c’è molto di più da vedere) di cosa Leonardo ha pazientemente saputo e voluto ricercare e raccogliere: dagli attrezzi agricoli ed artigianali ai macchinari più sofisticati di un tempo; strumenti di arti e mestieri ovvero per il diletto, il gioco e lo sport; arredi ed attrezzature domestiche e per la cucina, l’illuminazione, il riscaldamento e l’igiene personale; stampe, quadri, libri, fotografie; mezzi di trasporto (biciclette, moto, ecc.); oggetti di culto e tanto altro materiale.
A quanto pare …. ogni tanto qualche desiderio si avvera …. e, così, nell’ambito delle manifestazioni “Estate 2011” di Poggio Imperiale, giovedi 11 agosto è stata inaugurata la Mostra Etnografica “Dalla civiltà contadina a quella industriale”, presso il museo privato di Leonardo Iadarola, sito nei capannoni della “Nuova Artigiantubi” nella zona artigianale del paese, in collaborazione con l’Assessorato alla Cultura del Comune di Poggio Imperiale.
Il taglio del nastro è avvenuto verso le ore 11 alla presenza dei rappresentanti dell’amministrazione comunale e di un discreto numero di cittadini e di forestieri che si trovano qui in vacanza.
Dopo i discorsi di rito, un brindisi augurale ha dato avvio alle visite della mostra che, secondo quanto affermato dall’Assessore alla cultura dovrebbe avere carattere permanente.
Questa è veramente una bella notizia: una mostra etnografica permanente a Poggio Imperiale!
Un ringraziamento particolare va quindi tributato all’amico Leonardo Iadarola che non ha solamente raccolto e conservato tutte quelle antiche cose, ma perché le ha pazientemente ripristinate e fatte tornare in vita… un vero miracolo!
Riporto, con l’occasione, l’articolo sopra citato.
A Poggio Imperiale … la passione per le “antiche cose”!
Singolare iniziativa di un “poggioimperialese” che ha pazientemente ricercato e raccolto, negli anni, antichi attrezzi agricoli ed artigianali, ma anche macchinari un po’ più sofisticati di un tempo; strumenti di arti e mestieri oltre che per il diletto, il gioco e lo sport; arredi ed attrezzature domestiche per la cucina, l’illuminazione, il riscaldamento e l’igiene personale; stampe, quadri, libri, fotografie; mezzi di trasporto (biciclette, moto, ecc.), oggetti di culto e tanto altro materiale. In molti casi gli oggetti raccolti sono stati sottoposti ad un attento restauro, riportandoli alla loro originaria funzionalità. Tutto questo ad opera di un “pimpante” sessantenne “poggioimperialese”. Si tratta di Leonardo Iadarola, classe 1948 per gli amici “Nardino”; uno dei figli del più noto Nazario Iadarola: “Lazzàr(e) u bidéll(e)”, un riferimento storico per diverse generazioni – me compreso – nei ricordi delle “elementari” frequentate a Poggio Imperiale. Giovanissimo, nel 1961, “Nardino” si è trasferito in Lombardia, a Milano, ove ha avuto l’opportunità e la perseveranza di specializzarsi, acquisendo la qualifica di “tubista industriale”. Nel 1977 ha fatto ritorno in paese per mettere a frutto la propria capacità professionale, raggiungendo livelli di tutto rispetto. Ed è proprio qui, a Poggio Imperiale, che ha “scoperto” la sua passione per le cose antiche, cominciando pian piano a raccoglierle e a conservarle in alcuni angoli dei suoi “capannoni industriali”, allestendo gradualmente una notevole “esposizione”. Oggi, la raccolta di “Nardino” può ben definirsi una “collezione” a pieno titolo, sia per quanto attiene alla quantità degli oggetti, sia con riguardo alla varietà degli articoli disponibili. Ho avuto modo di visitare i capannoni con mia moglie, nei primissimi giorni di gennaio 2010, nel corso della nostra permanenza in paese per le festività di fine anno, e devo dire – ad onor del vero – che siamo rimasti inizialmente stupiti e poi via via affascinati dalla presenza di tanto materiale, che richiama alla mente un tempo che non c’è più. E’ tutto molto interessante, ma forse l’iniziativa di “Nardino” andrebbe valorizzata all’interno del del paese, ma ancor di più all’esterno, onde dare visibilità, attraverso un circuito virtuoso di mostre, visite scolastiche, circuiti turistici, ecc., alla vita, alle tradizioni, alla storia, agli usi e ai costumi dei “poggioimperialesi” che hanno vissuto prima di noi. Ritengo che la conoscenza delle nostre radici ci consente di meglio sviluppare il nostro futuro. Ed è bene che i giovani e le nuove generazioni ne prendano atto facendo un “tuffo nel passato” …con una visita alla “raccolta” delle “antiche cose” di “Nardino” … per poi ridestarsi … nell’epoca del benessere (e del “superfluo”) e … magari … provare a fare qualche “raffronto”! Inoltre, al fine di non disperdere il “patrimonio” raccolto, un passaggio successivo dovrebbe riguardare la catalogazione di tutto il materiale per categoria, con descrizione e numerazione di ogni reperto, supportato da documentazione fotografica. Tutto questo, eventualmente, nella prefigurazione di una “pubblicazione/catalogo” da mettere a disposizione dei visitatori e di tutti gli estimatori delle belle “cose antiche” di Poggio Imperiale.
Per prendere contatti con “Nardino”:
“ARTIGIANTUBI snc” 71010 Poggio Imperiale (Foggia) Tel. 0882 994288
Commenti :
Raccolta davvero interessante! Ottimo inizio per poter realizzare a Poggio Imperiale un museo della CIVILTA’ CONTADINA. Visto che tutto ciò che c’era di antico è stato distrutto.. . perché non cominciare a conservare qualcosa, partendo dalle nostre origini: l’agricoltura. Sicuramente questo museo della “Civiltà contadina” potrebbe essere l’inizio di una nuova storia pe rPoggio Imperiale… Di Alfonso Chiaromonte (inviato il 07/02/2010 @ 09:59:26)
“Come le onde”
Sabato 6 agosto 2011 Giacomo Fina ha presentato il suo ultimo libro di poesie.
“Come le onde” questo è il titolo della nuova opera del poeta compaesano, pubblicata dalle Edizioni del Poggio.
Dalla quarta di copertina :
“Il passato è passato, e mai più ritornerà
E ogni stagione ha i propri suoni e colori.
Le mitiche magie delle muse
Si succedono come le onde del mare;
e le onde frante mai più ritorneranno.
Per fortuna che mi è rimasto il mare”.
L’evento si inserisce nell’ambito delle manifestazioni “Estate 2011”, con il Patrocinio del Comune e dell’Assessorato alla Cultura.
Presso i locali della Scuola Elementare in via Oberdan a Poggio Imperiale, alle ore 19,30, dopo i saluti dell’Amministrazione comunale, Giacomo Fina ha dato avvio ai lavori di presentazione della sua ultima fatica.
I relatori sono stati: Giucar Marcone – Giornalista e scrittore, direttore delle Edizioni del Poggio ed Arcangela Ferro – Responsabile UNISU ( Università Nicolò Cusano) polo didattico di Foggia.
L’attore e regista Fabio Gemo ha intrattenuto i presenti con le sue stupende letture poetiche.
«In “Come le onde” Giacomo Fina dimostra ancora una volta di saper arrivare al cuore dei lettori, di essere il cantore di Terranove, di esaltare la gente umile, di saper descrivere, come solo Giovanni Guareschi ha saputo fare in prosa, un piccolo mondo che deve essere conservato nella memoria di oggi e di domani, perché il cammino dell’uomo non si arresta mai, ma i ricordi possono essere il lievito per alimentare la speranza in un mondo migliore» (Dalla Prefazione di Giucar Marcone, giornalista e scrittore).
Giacomo Fina è nato a Poggio Imperiale (FG) l’8 giugno 1935. Nel 2007 ha esordito con sue poesie e quelle del figlio Gino con il libro di poesie “Dialogo Postumo” . Nel 2009 ha pubblicato una seconda raccolta di poesie n un libro dal titolo “Viaggio d’autunno”. Nel 2010 ha pubblicato una terza raccolta di poesie dal titolo “Il Viandante”.
“Paginedipoggio” compie tre anni!
Il sito/blog www.paginedipoggio.com compie il suo terzo anno di vita con oltre cento articoli al suo attivo (106 per la precisione); una media di tre articoli al mese, ripartiti secondo le seguenti sezioni:
Curiosità (11)
Ddummànne a l’acquarùle se l’acqu’è fréscijche (9)
Divagazioni (13)
Eventi (33)
Fatti & Misfatti (2)
Ricorrenze (8)
Storia (9)
Terra Nostra Onlus (3)
Viaggi (13)
Work in progress (1)
Questa la classifica degli articoli più cliccati:
Lo “sciroppo d’acero” canadese pubblicato in Viaggi, linkato 2696 volte, commenti (3)
Liquori di agrumi del Gargano: il “LIMOLIVO” e il “LIMONCELLO” pubblicato in Divagazioni, linkato 2130 volte, commenti (2)
YAD VASHEM IL MUSEO DELL’OLOCAUSTO DI GERUSALEMME: la didascalia contestata pubblicato in Viaggi, linkato 1747 volte, commenti (7)
In giro per Foggia in una "mitica" Fiat 500 d’epoca! pubblicato in Divagazioni, linkato 1400 volte, commenti (1)
Il Bargnolino pubblicato in Curiosità, linkato 1247 volte, commenti (5)
MASADA, la fortezza erodiana: il mistero del suicidio collettivo pubblicato in Viaggi, linkato 1245 volte, commenti (2)
A Milano “folgorati” dalla “Conversione di Saulo” del Caravaggio pubblicato in Eventi, linkato 1220 volte, commenti (0)
La stella di Betlemme pubblicato in Viaggi, linkato 1220 volte, commenti (0)
Ma cosa sta succedendo a “Torre Fortore – Lesina Marina“ e a “Torre Mileto” ? pubblicato in Divagazioni, linkato 1120 volte, commenti (0)
Niagara Falls: uno spettacolo davvero unico! pubblicato in Viaggi, linkato 1106 volte, commenti (0)
Il primo articolo è stato linkato ben 2696 volte ed una ventina sono stati i commenti dei lettori.
Si può essere quindi più che soddisfatti e … andare avanti così!
Un ringraziamento di cuore a tutti i lettori.
Termoli … mare, sole e il Borgo vecchio!
Una zuppa di pesce in uno dei suoi caratteristici ristoranti marinari o semplicemente una passeggiata nei vicoli del Borgo vecchio tra locali e negozietti aperti fino a tardi, assaporando magari un gustoso gelato; questo (ed altro ancora) offre Termoli nelle sere d’estate, dopo una giornata di mare e di sole.
Arroccato su un piccolo promontorio roccioso, il Borgo vecchio di Termoli, che molti dicono ricordi la forma di un cuore ed altri di un pugno, si protende verso il mare Adriatico, dove verso est si intravede, nelle giornate limpide, il profilo dell’arcipelago delle isole Tremiti, raggiungibili in motonave o in aliscafo dal porto di Termoli.
Il Borgo vecchio risale al V secolo: la città visse tra le mura che recintano il Borgo vecchio fino al 1847, quando re Ferdinando Il di Borbone autorizzò i termolesi a costruire fuori dalle mura.
Il Borgo appare come un intricato labirinto di stradine strette e tortuose, tra cui il celebre Vico II Castello – tra i più stretti d’Europa – che si stringono attorno al Duomo (Cattedrale di San Basso patrono di Termoli), quasi a voler sfruttare ogni metro quadrato disponibile dell’esiguo spazio, ove l’azzurro del mare riempie di colore ogni suo scorcio.
La chiesa principale di Termoli è un insigne monumento di arte romanica con oltre 800 anni di storia, che ha mantenuto immutato nei secoli il suo splendore con i colori della pietra chiara con cui è stato costruito; ancora prima nello stesso posto sorgeva un’altra cattedrale piena di mosaici, presumibilmente costruita sulle rovine di un tempio romano.
Nel tempo, molte cose sono cambiate, soprattutto dopo che – ormai da diversi anni – è iniziato il recupero architettonico e la valorizzazione del Borgo vecchio, che appare oggi come uno scrigno in cui le casette rimodernate, ma (quasi) sempre in perfetto stile con l’originario impianto architettonico , custodiscono la storia di secoli.
Per entrare nel Borgo vecchio ci sono due ingressi, uno sul lato nord, ai piedi del Castello, e uno sul lato del porto, caratterizzato da una porta ad arco e dalla torretta del Belvedere dalla quale si ammira il panorama del porto gremito di colorate barche dondolanti e della spiaggia a sud di Termoli.
Dentro le mura del Borgo vecchio di Termoli le casette dei pescatori lasciano poco spazio alle stradine strette e attorcigliate, come si conviene a una cittadella fortificata che subiva l’assalto dei Turchi (e altri invasori) e doveva fare di ogni angolo un punto di difesa e di ogni strettoia un mortale agguato.
Fra scorci incantevoli e sprazzi di mare che guizzano sullo sfondo di un vicoletto, di tanto in tanto si schiudono piccole e graziose piazzette.
Nel dedalo di viuzze e stradine si apre inaspettata, quasi a sorpresa, una piazza più ampia, recintata da case basse colorate di bianco e d’ocra, e lì ad un angolo la Cattedrale di San Basso.
Continuando a passeggiare lungo il perimetro della cinta muraria si arriva al Faro che dialoga in silenzio con la luce del corrispondente Faro di Punta Penna sul promontorio di Vasto; a questo punto del percorso si staglia netta l’immagine del Castello Svevo, dal suo ingresso fino alla cima dove si trova la torretta meteorologica costruita dall’Aeronautica militare.
Il Castello caratterizza con il suo profilo l’immagine del Borgo vecchio. La sua struttura è semplice ed è costituita da una base tronco-piramidale munita di torrette cilindriche agli spigoli e sormontata da una torre parallelepipeda di minori dimensioni. Sul lato nord è visibile l’avancorpo dell’antico ponte levatoio, che fungeva da ingresso. La semplicità della struttura e le sue caratteristiche difensive fanno pensare che sia stato costruito in epoca normanna (XI secolo), nel luogo ove già esisteva un torrione di epoca longobarda.
Il Castello è comunemente definito Svevo, probabilmente in seguito alla ristrutturazione, databile intorno al 1247, che Federico II fece eseguire, come testimonia una lapide ritrovata all’interno di una delle torrette angolari. Tale intervento sarebbe stato attuato nel 1240, successivamente alla distruzione delle difese esistenti per opera della flotta veneziana, alleata di Papa Gregorio IX.
Nel corso dei secoli il Castello ha subito varie modifiche soprattutto dopo l’avvento delle armi da fuoco. Durante i recenti restauri sono stati ritrovati dei graffiti databili al secolo XVI, ed alcuni disegni al carbone lasciati sulle pareti della cisterna inferiore nel periodo in cui questa era adibita a carcere borbonico.
Dal 1885 il Castello di Termoli è stato annoverato tra i monumenti nazionali e designato quale museo storico regionale.
La festa di San Basso patrono di Termoli
La festa religiosa di San Basso ricorre il 5 dicembre, giorno in cui nella cattedrale romanica, dove sono conservate le reliquie, il vescovo celebra una solenne Messa in onore del Santo alla presenza di autorità, associazioni, marinai e gente devota. Ma i festeggiamenti veri e propri si tengono in estate tra il 3 ed il 4 agosto. La mattina del 3 agosto, dopo la S. Messa in cattedrale, si procede con la tipica e suggestiva “processione per mare”, durante la quale la statua di San Basso viene portata a bordo del motopeschereccio della flotta termolese, estratto a sorte giorni prima, addobbato per l’occasione. Le altre imbarcazioni seguono l’imbarcazione del Santo cariche di gente, formando così un corteo molto suggestivo. A metà percorso, dal battello col Santo viene gettata in acqua una corona di fiori in onore del protettore ed in segno di legame con il mare: un’antica leggenda narra, infatti, che furono proprio dei pescatori termolesi a ritrovare a largo il sarcofago con le reliquie del vescovo San Basso. A mezzogiorno circa il corteo rientra in porto e la festa prosegue in serata quando la statua viene portata a spalla in processione per le stradine del Borgo fino al mercato ittico dove viene venerata fino al mattino successivo. Alle 6 del mattino del 4 agosto, dopo la veglia notturna, viene celebrata una Messa dinanzi allo stesso mercato che conclude la permanenza della statua del santo negli ambienti dei marinai. La sera alle 19,00 viene celebrata un’altra Messa, stavolta nella piazza antistante la Cattedrale, e a seguire l’ultima processione, la più partecipata, stavolta per le vie cittadine. La festa prosegue poi tra bancarelle, noccioline, giostre e gli immancabili spettacolari fuochi pirotecnici che salutano rimandando l’appuntamento all’anno successivo.
Le tradizioni popolari
Nei giorni scorsi, contestualmente all’uscita della sua ultima opera letteraria, il Dott. Alfonso Chiaromonte ha attivato anche il nuovo ed interessante sito internet http://tradizioni.sitonline.it , nella scia del consolidato filone storico – tradizionale che ormai lo contraddistingue da anni nel nostro territorio di Capitanata.
« Poggio Imperiale: le tradizioni », questo è il titolo di questo nuovo sito e «far conoscere il nostro folclore ed il suo significato vero ed originale, la spontaneità … » sono le sue finalità.
Quanto alla pubblicazione del nuovo libro dell’amico Alfonso, si tratta di un testo di facile e piacevole lettura, dal titolo: “Le tradizioni popolari, tra il sacro e il profano nella Capitanata”, Edizioni del Poggio.
Dalla quarta di copertina:
” L’idea di questo breve testo sulle tradizioni popolari è nata dal proposito di porre un qualche rimedio all’assoluta non conoscenza da parte dei più giovani del nostro folclore e del suo significato vero ed originale, la spontanea espressione, cioè, della vitalità spirituale ed umana della nostra gente.
L’autore ha tentato di sintetizzare il più possibile questo vastissimo patrimonio e far comprendere che esso non è un bagaglio ingombrante, fatto di stravaganze ridicole ed inutili, ma è la nostra storia, la nostra comune radice culturale fatta di linguaggio, usanze, principi etici e religiosi, credenze, espressioni artistiche, conoscenze, trasmesso per millenni da padre in figlio mediante tradizione orale”.
Per tutte le pubblicazioni del Dott. Alfonso Chiaromonte, si invita a visitare il sito internet sopra citato.
Ma cosa succede a San Nazario?
Una nuova diatriba tra Lesina e Poggio Imperiale dopo circa 120 anni di calma apparente?
Siamo forse in presenza di una nuova disputa tra Lesina e Poggio Imperiale sul “diritto di proprietà” di San Nazario Martire e del relativo Santuario, come avvenne nel mese di aprile del lontano 1894, quando alcuni facinorosi abitanti di Lesina asportarono la statua del Santo dalla Cappella ad esso dedicata, provocando pericolosi tumulti che richiesero anche l’intervento della forza pubblica.
Oppure si tratta, chissà, di una trovata di natura puramente commerciale finalizzata a sfruttare la ricorrenza del 28 luglio, dedicata alla festa di San Nazario Martire, il cui Santuario è affidato alle cure del parroco di Poggio Imperiale, soltanto per coinvolgere Lesina e Lesina Marina in festeggiamenti di inizio della stagione turistica estiva.
Fatto sta che da qualche giorno circolano sulle spiagge e nei paesi limitrofi volantini con i quali viene annunciato: “Lesina in festa: festeggiamenti per San Nazario Martire” con tanto di programma per mercoledi 27 luglio (ore 20,00 partenza della compagnia dei pellegrini lesinesi per il Santuario di San Nazario) e per giovedi 28 luglio (ore 8,00 sparo mortaretti; mattinata per le vie di Lesina con anguilla alla brace e passeggiate in laguna con catamarani e barche; pomeriggio bande musicali e majorettes; ore 21,00 spettacolo di opera musicale in piazza Umberto 1°; ore 23,30 fuochi pirotecnici). Lesina è tappezzata di manifesti che divulgano l’evento e si sente nell’aria che i preparativi alla festa fervono.
Don Luca De Rosa, Parroco di Poggio Imperiale, ha voluto puntualizzare, a margine della messa serale delle 19,30 di domenica scorsa, l’estemporaneità dell’iniziativa intrapresa da soggetti estranei, a quanto pare, alla Parrocchia di Poggio Imperiale sotto la cui giurisdizione ricade il Santuario, con parole di biasimo verso chi intenderebbe distogliere strumentalmente il momento di culto, di raccoglimento e di festeggiamenti che da anni si perpetua presso il Santuario di San Nazario Martire la sera e la notte del 27 luglio ed il successivo giorno 28, con l’arrivo di numerosi pellegrini provenienti da tutta la zona sub garganica della Capitanata.
Un po’ di storia del Santuario di San Nazario Martire
(dal sito internet: http://web.tiscali.it/anlacr/Il%20Santuario.htm)
« Alle pendici dei monti del Gargano, a poca distanza dal Lago di Lesina e dal Mare Adriatico, sul confine di quattro Comuni (Poggio Imperiale, Lesina, Apricena, Sannicandro Garganico), sorge l’antico eremo dedicato al martire San Nazario. Stando alla descrizione dei luoghi dell’antica Daunia fatta da Strabone nel 6° libro del “gheografika”, con molta probabilita’ la Chiesa-Santuario di San Nazario, in territorio di Poggio Imperiale, potrebbe essere la sovrapposizione cristiana ad un antico tempio pagano dedicato al taumaturgo Podalirio (ritenuto dagli studiosi ubicato in prossimita dell’altro consacrato al culto dell’indovino Calcante, ove oggi sorge il Santuario di S. Michele Arcangelo), situato presso un corso idrico (il Caldoli) le cui acque erano dotate di particolari proprieta’, di universale rimedio a tutte le malattie degli animali. Tale tesi parrebbe verosimile dal momento che la religione cristiana e’ subentrata quasi dappertutto negli stessi luoghi anteriormente sacri a divinita’ mitologiche, dopo che un editto dell’imperatore Teodosio II, concedeva ai cristiani tutti i templi pagani per mutarli in Chiese. La rustica cappella, situata in una zona fortemente malarica, si differenziava dagli altri fabbricati rurali per il piccolo campanile ad archetto e per la croce che sovrastava il tetto coperto ad embrici. All’interno vi era un altare, nel muro di fronte alla porta, con sopra la nicchia, la statua del giovane Santo e sulle pareti imbiancate a calce gli ex voto di cera ed i quadri, rappresentanti le grazie che il Santo aveva concesso ai suoi devoti. Davanti all’altare una pietra su cui, secondo la tradizione popolare, si era seduto San Nazario di passaggio durante le sue interminabili peregrinazioni apostoliche, per riposarsi e curarsi con le acque miracolose le piaghe di cui aveva infette le gambe. Dietro la chiesetta vi era un pozzo, alle cui acque si attribuivano salutari virtu’. Poco distante dalla chiesa, verso est, la sorgente di acqua fumante, 2 gradi piu’ calda dell’ambiente, sgorga accanto a ruderi forse di terme e di altri edifici antichissimi. Vi erano capitelli, frontoni in pezzi, scalini di pietra e laterizi di epoca romana. L’epoca di erezione della Cappella e da ascriversi al periodo che va dall’anno 1077 al 1220 e la sua storia e’ legata strettamente a quella del Monastero di San Giovanni in Piano,in territorio di Apricena (FG). Il Clero chiamato ad officiarvi era quello lesinese in quanto l’edificio era situato nel territorio di Lesina (FG). Durante tutti i secoli del medioevo e fino a qualche anno fa la Cappella di San Nazario fu affidata alle cure di un Eremita, responsabile del decoro di quel sacro luogo. La Cappella di San Nazario continuo’ a far parte del Comune di Lesina fino al 1815 quando, essendo stato ufficialmente costituito il Comune di Poggio Imperiale, il territorio con la Cappella fu distaccato dall’agro lesinese ed assegnato dall’Intendente di Molise e Commissario del Re per la divisione dei demani Biase Zurlo (a cui e’ intitolata una via del paese), al Comune di nuova istituzione. Fino al 1893 la cura delle anime fu affidata in Lesina ed in Poggio Imperiale al Clero di Lesina. A Poggio Imperiale vi era un Vicario Economo-Curato, dipendente dal Parroco di Lesina che provvedeva alla registrazione sui libri parrocchiali dei battesimi, dei matrimoni e dei defunti. “Nel 1893 il Cardinale D. Camillo Siciliano di Rende, visto che la popolazione (di Poggio Imperiale) si era abbastanza ingrandita, da superare quasi quella di Lesina e considerato che la chiesa faceva tutto da se’, indipendentemente dalla Matrice di Lesina, la eresse a Parrocchia autonoma di libera collocazione dell’Ordinario con decreto 16 Luglio dello stesso anno” (da un manoscritto di Don Giovanni Giuliani senior – gia’ Parroco di Poggio Imperiale). Eretta a Poggio Imperiale una parrocchia autonoma, non fu piu’ il Clero di Lesina ad avere giurisdizione sui territori del nuovo Comune e su tutte le Cappelle ed Oratori in esso compresi; pertanto anche la Cappella rurale di San Nazario passo’ sotto la giurisdizione del Parroco di Poggio Imperiale perche’ il territorio nel quale era situata apparteneva, appunto, a tale Comune. Molti malcontenti serpeggiarono in Lesina. I Lesinesi pretendevano infatti l’amministrazione della Cappella. Nel mese di aprile del 1894 alcuni facinorosi asportarono dalla sacra edicola la statua del Santo provocando pericolosi tumulti. Intervenne la forza pubblica ed i rappresentanti del Comune di Poggio Imperiale dichiararono di non contestare ai lesinesi il diritto di proprieta’ della Cappella. In seguito a cio’ il sindaco di Lesina invio’ a San Nazario il Segretario comunale ed un Brigadiere delle guardie municipali e fece chiudere con un nuovo catenaccio la porta della Cappella, sotraendola ai ministri del culto che legittimamente dovevano officiarvi. Il Vicario foraneo di Poggio Imperiale don Brunone Leone adiva l’Autorita’ Giudiziaria la quale, con sentenze del 15 giugno e del 22 luglio 1894, decideva che la chiave dovesse ritornare al Vicario foraneo. Anche il Clero di Lesina non si manifestava contento del nuovo stato di cose; voleva, infatti, ad ogni costo sottrarre al sacerdote di Poggio Imperiale la direzione spirituale della Cappella. Ma in data 23 luglio 1897 il Vicario Capitolare di Benevento ordino’ tassativamente ai sacerdoti lesinesi di non intromettersi oltre nell’andamento delle cose della Cappella di San Nazario. § Speciale devozione nutre per questo Santo la popolazione pedegarganica. A migliaia si riversano in questo luogo, tra il 27 ed il 28 luglio di ogni anno, i devoti dei paesi circostanti. Si deve all’infatigabile impegno profuso dal defunto don Giovanni Giuliani junior – don Nannino -, gia Parroco di Poggio Imperiale e Vicario Generale della Diocesi di San Severo, se il vecchio e cadente oratorio (gia’ ampliato nel 1904) e stato demolito ed al suo posto, auspice il Vescovo diocesano protempore, S.E. Mons. Valentino Vailati, si e’ eretto, dal mese di luglio 1967 ai primi mesi del 1970, un nuovo monumentale tempio, cosicche’ il Santuario di San Nazario e’ oggi un luogo degno di culto e tradizione. Il nuovo tempio sorge nello stesso luogo del vecchio oratorio ed il masso lo si puo’ notare davanti al nuovo Altare maggiore. Il disegno della Chiesa e’ opera dell’artista sanseverese comm. Antonio D’Amico, scultore di fama ed allievo di Vincenzo Gemito. Sua e’ pure la volta a quinte di legno di douglas. Lo stesso artista ha pure eseguito la nicchia per la nuova statua del Santo in legno teak australiano. La nuova statua del Santo e’ molto bella ed artistica. E’ stata eseguita ad Ortisei e scolpita in legno di Cirmolo alpestre. § Dal 1° ottobre 1996 al 31 agosto 2003 l’amministrazione del Santuario e’ stata affidata al Sacerdote don F. Paolo Lombardi, mentre dal 1° settembre 2003, e’ affidata alle cure del Sacerdote don Luca De Rosa, neo Parroco di Poggio Imperiale Le notizie sul Santuario di San Nazario sono state tratte da: Alfonso Chiaromonte: Da Fattoria a Poggio Imperiale – Tip. Scepi – Lucera, 1997 e da Mario A. Fiore: Profilo storico del Santuario di San Nazzario – Stab. Tip. Cav. L. Cappetta & F. – Foggia, 1970 ».
La foto ritrae la Cappella del “Santuario di San Nazario Martire” – Poggio Imperiale – Puglia (Italy)
Photo by : Alfonso Chiaromonte
Il Groppello di Revò, vitigno autoctono.
Di tanto in tanto, in vari territori nazionali vengono riscoperti vecchi vitigni risalenti a centinaia di anni orsono, con risultati rilevanti per quanto riguarda la qualità del vino che si riesce poi a produrre.
Un esempio, tra i tanti altri, è il “Groppello di Revò”; un vino rosso del Trentino qualificato come vitigno autoctono di sottozona DOC del Trentino stesso.
Un vino spesso confuso con i più conosciuti “Groppelli” della sponda bresciana del lago di Garda, ma che ha, invece, una storia antica, documentata in modo certo nelle cronache cinquecentesche.
Un passato illustre, che negli ultimi anni di appartenenza del territorio all’Impero Austro-Ungarico aveva visto una produzione di quasi 50 mila ettolitri di vino, e un presente fatto di 400 ettolitri esistenti solo per la appassionata tenacia di un pugno di “irriducibili”, grazie al recente riconoscimento questa varietà incontra un rinnovato interesse che si è concretizzato, tra l’ altro, nella messa a dimora di 5 mila metri quadrati di nuovo vigneto: una superficie significativa se vista nella realtà delle micro aziende della zona.
Il vitigno è stato riconosciuto a rischio di estinzione e perciò proposto per il programma nazionale per la tutela della biodiversità.
Il Groppello di Revò (noto anche con i sinonimi di Groppello anaune, della Val di Non, e della Terza sponda) prende il nome dal paese di Revò, che è il centro più importante di quella zona dell’ alta Val di Non (in provincia di Trento) detta Terza sponda, con riferimento al grande bacino idroelettrico del lago di Santa Giustina.
Proprio a Revò sorse, nel 1893, la terza cantina sociale del Trentino. Poi la peronospora, la fillossera, il passaggio nel 1918 della regione all ‘Italia ed infine la diffusione della frutticoltura intensiva specializzata, hanno confinato il Groppello in pochi appezzamenti amatoriali, siti nei comuni di Cagnò, Revò e Romallo, con concreto rischio di definitiva estinzione.
Gli “irriducibili”, una ventina di appassionati che hanno dato vita recentemente all’ associazione “Amici del Groppello”, capeggiati da Augusto Zadra che con una produzione annua di 4.000-4.500 bottiglie è il maggior produttore, hanno resistito ed ora sono soddisfatti di aver difeso un vitigno che appartiene a tutti gli effetti alla tradizione enologica e paesaggistica della Val di Non e dello stesso Trentino, e che finalmente ha ricevuto importanti riconoscimenti sul piano scientifico e normativo.
Il progetto “Groppello di Revò”, redatto dall ‘Istituto agrario di San Michele all’ Adige (Trentino) in riferimento alla tutela della biodiversità, prevede una serie di interventi che partendo dal censimento delle risorse esistenti arrivano alle azioni di salvaguardia del vitigno, con passaggi intermedi che coinvolgono le tecniche di biologia molecolare, la selezione clonale e le indagini analitiche sui vini.
Il vino Trentino Groppello di Revò rappresenta un patrimonio genetico di tutto rispetto, se si pensa che le vigne possono raggiungere anche gli 80-100 anni di età. E’ sempre l’ Istituto di San Michele ad attestare che il Groppello di Revò è una varietà autoctona locale, perché presenta caratteristiche genetiche originali, diverse dagli altri Groppelli diffusi nella zona del Garda.
La famiglia dei vitigni autoctoni del Trentino, dunque, cresce: al Teroldego, Marzemino e Nosiola (questo a bacca bianca) va ad aggiungersi il Groppello di Revò; un poker d’ assi che potrà favorire le partite dei vini trentini sui tavoli dei grandi mercati.
La notte delle spighe 2011 senza la “tradizionale” pioggia
La notte delle spighe, organizzata dall’ Associazione culturale Terra Nostra Onlus di Poggio Imperiale in collaborazione della Regione Puglia, Provincia di Foggia e Comune di Poggio Imperiale e con il patrocinio dei Comuni di San Severo, Torremaggiore, Apricena e Lesina, è giunta alla sua quarta Edizione.
Queste le spighe 2011 assegnate a Poggio Imperiale lo scorso sabato 25 giugno:
• Premio Nazionale Spiga d’oro
all’ing. Luca Montrone Presidente dell’emittente televisiva pugliese Telenorba
• Premio Spiga d’oro Capitanata
alla sanseverese Stefania Irmici, Tenente pilota dell’Aeronautica Militare, la prima donna “top gun” italiana alla guida di velivoli da combattimento
• Premio Spiga d’argento Terra Nostra
al concittadino Michele Guidone Atleta della Podistica Sannicandro
Una serata senza pioggia, finalmente, dopo che, per tre anni di fila, un bel nubifragio ha sempre “allietato” la serata.
L’edizione di quest’anno è stata dedicata al 150° anniversario dell’Unità d’Italia e, in tale contesto, sono stati premiati tutti i militari di Poggio Imperiale che prestano servizio in ogni luogo d’Italia o in missioni all’estero.
La serata, condotta ancora da Monia Palmieri e Stefano Bucci, direttore artistico dell’evento, ha visto la presenza, come sempre, di artisti di fama che hanno allietato la serata offrendo momenti di spettacolo straordinari.
La manifestazione si è aperta venerdi 24 giugno con gli stand gastronomici in Piazza Imperiale e il concerto della cover band degli AbbaMania.