Ieri sera, sabato 15 gennaio 2022, alle ore 18, nella Cattedrale di Molfetta, nel corso della Messa solenne celebrata dal cardinale Marcello Semeraro, prefetto della Congregazione delle cause dei santi della Santa Sede, è stata data formale lettura del decreto di venerabilità di don Tonino Bello.
Evviva: ancora un figlio della terra pugliese agli onori degli altari … in cammino verso le successive tappe per divenire Beato e, ci auguriamo di cuore, presto anche Santo.
Ho assistito con molta devozione alla straordinaria ed esaltante cerimonia religiosa in diretta televisiva di Tele Padre Pio, non solo come corregionale ma soprattutto per reverenziale rispetto verso un nostro contemporaneo, un sacerdote, un vescovo che si è distinto durante la propria vita terrena per le sue doti di eccezionale virtù, in un’epoca complicata e difficile come questa.
Antonio Bello, meglio conosciuto come don Tonino è nato ad Alessano (Lecce) il 18 marzo 1935 ed è morto a Molfetta il 20 aprile 1993.
Figlio di una famiglia del Salento, trascorse l’infanzia in Alessano in provincia di Lecce, un paese prevalentemente a economia agricola.
Dopo gli studi presso i seminari di Ugento e di Molfetta, don Tonino venne ordinato presbitero l’8 dicembre 1957 e incardinato nella diocesi di Ugento-Santa Maria di Leuca. Due anni dopo conseguì la licenza in Sacra Teologia presso la Facoltà teologica dell’Italia settentrionale a Venegono Inferiore e nel 1965 discusse presso la Pontificia Universityà Lateranense la tesi dottorale intitolata I congressi eucaristici e i loro significati teologici e pastorali.
Nel frattempo, gli era stata affidata la formazione dei giovani presso il seminario diocesano di Ugento, del quale fu per 22 anni vice-rettore. Dal 1969 fu anche assistente dell’Azione Cattolica e quindi vicario episcopalee per la pastorale diocesana.
Nel 1978 il vescovo Michele Mincuzzi lo nominò amministratore della parrocchia del Sacro Cuore di Ugento, e l’anno successivo parroco della Chiesa Matrice di Tricase. Qui avrebbe mostrato una particolare attenzione nei confronti degli indigenti, sia con l’istituzione della Caritass sia con la promozione di un osservatorio delle povertà.
Il 10 agosto 1982 fu nominato vescovo delle diocesi di Molfetta, Giovinazzo e Terlizzi e, il 30 settembre dello stesso anno, vescovo della diocesi di Ruvo. Ricevette l’ordinazione episcopale il 30 ottobre 1982 dalle mani di monsignor Michele Minguzzi, arcivescovo di Lecce e già vescovo di Ugento-Santa Maria di Leuca, co-consacranti il vescovo Aldo Garzia, che aveva lasciato pochi mesi prima la cattedra di Molfetta, Giovinazzo e Terlizzi, e l’arcivescovo Mario Migliettaa, della diocesi di Ugento-Santa Maria di Leuca.
Sin dagli esordi, il ministero episcopale fu caratterizzato dalla rinuncia a quelli che considerava segni di potere (per questa ragione si faceva chiamare semplicemente don Tonino) e da una costante attenzione agli ultimi: promosse la costituzione di gruppi Caritas in tutte le parrocchie della diocesi, fondò una comunità per la cura delle tossicodipendenzee, lasciò sempre aperti gli uffici dell’episcopio per chiunque volesse parlargli e spesso anche per i bisognosi che chiedevano di passarvi la notte. Sua la definizione di “Chiesa del grembiule” per indicare la necessità di farsi umili e contemporaneamente agire sulle cause dell’emarginazione.
Fu terziario francescano.
Nel 1985 venne indicato dalla presidenza della Conferenza Episcopale Italiana a succedere a monsignor Luigi Bettazzi, vescovo di Ivrea, nel ruolo di guida di Pax Christi, il movimento cattolico internazionale per la pacee. In questa veste si ricordano diversi duri interventi: tra i più significativi quelli contro il potenziamento dei poli militari di Crotone e Gioia del Colle, e contro l’intervento bellico nella Guerra del Golfoo, quando manifestò un’opposizione così radicale da attirarsi l’accusa di istigare alla diserzione.
A seguito dell’unificazione delle diocesi di Molfetta, Giovinazzo, Terlizzi e Ruvo, disposta dalla Congregazione per i Vescovi il 30 settembre 1986, viene nominato primo vescovo della nuovaa circoscrizione ecclesiastica pugliese.
Nel settembre 1990 fondò a Molfetta, coadiuvato dal movimento Pax Christi, la rivista mensile Mosaico di Pacee.
Tra il 1990 e il 1992 ha scritto alcuni articoli sul quotidiano il manifesto.
Benché già operato di tumore allo stomaco, il 7 dicembre 1992 partì insieme a circa cinquecento volontari da Ancona verso la costa dalmata dalla quale iniziò una marcia a piedi che lo avrebbe condotto dentro la città di Sarajevo, da diversi mesi sotto assedio serbo a causa della guerra civile. L’arrivo nella città assediata, tenuta sotto tiro da cecchinii serbi che potevano rappresentare un pericolo per i manifestanti, fu caratterizzato da maltempo e nebbia. Don Tonino parlò di “nebbia della Madonna” (celebrata, appunto, in data 8 dicembre).
Morì a Molfetta il 20 aprile 1993, e l’anno successivo gli fu conferito il Premio Nazionale Cultura della Pace alla memoriaa.
Il 27 novembre 2007 la Congregazione delle cause dei santi ne ha avviato il processo di beatificazione. Il 30 aprile 2010 si è tenuta la prima seduta pubblica nella cattedrale di Molfettaa alla presenza di autorità religiose e civili.
Il 25 aprile 2014 il presidente della CEI Angelo Bagnasco ha inaugurato ad Alessanoo la “Casa della Convivialità” a lui dedicata.
Il 18 marzo 2015 i frati minori cappuccini, nel convento di Giovinazzoo, in provincia di Bari, hanno inaugurato, alla presenza di autorità civili e religiose e del fratello di don Tonino, Marcello, una statua raffigurante don Tonino.
Il 20 aprile 2018 nel giorno del suo 25º anniversario di morte, papa Francesco si è recato alla sua tomba per poi celebrare a Molfetta una Messa.
Il 25 novembre 2021 papa Francesco ha autorizzato la promulgazione del decreto sulle virtù eroiche; è diventato così Venerabile.
Ecco, qui di seguito, il commosso ricordo del presidente della Fondazione Giancarlo Piccinni (Avvenire del 15 gennaio 2022:
”Ha fatto camminare Gesù nelle strade delle nostre città.
Venerabile oggi, ma da sempre venerato. Don Tonino mi emoziona, e non solo oggi, per quello che stiamo vivendo. Mi emozionano i ricordi, nitidi, di un passato condiviso, mi emoziona la prospettiva di un futuro, gravido di attese. Mi emoziona anche solo pronunciare il suo nome. La Chiesa oggi e tutti fedeli aspettano il riconoscimento di un miracolo per la proclamazione della beatificazione e poi della santità. Chi lo ha conosciuto sa che lui stesso è stato un miracolo!
Con Don Tonino Gesù di Nazaret è passato per le nostre strade, per le nostre case, per le nostre chiese. Siamo stati generati alla fede: per questo lo abbiamo sentito e lo sentiamo nostro padre. Siamo stati rapiti dalle sue parole, ma anche dai suoi silenzi. Perché anche nel silenzio ci ha parlato. Il silenzio è la lingua di Dio e delle persone sagge e don Tonino, come tutti i santi, ha profondamente amato il silenzio perché il silenzio dona uno sguardo nuovo su tutte le cose. Il silenzio genera sapienza. Ma ci mancano anche le sue parole! A scuola, in piazza, nei convegni, ma soprattutto in chiesa: qui raggiungevano significati altissimi perché parlare in un quadro liturgico non ha lo stesso valore che parlare in un altro contesto: «È collocarsi in un luogo dove affluiscono i silenziosi apporti sapienziali dell’assemblea, che in quel momento non è un pubblico, è un soggetto attivo e creativo».
Gli apporti sapienziali dell’assemblea, del popolo, del suo popolo, sono stati sempre preziosi per l’amato pastore. «Grazie Chiesa di Alessano, che mi hai fatto entrare nell’anima il senso del mistero con la tua religiosità popolare», così disse nella sua prima omelia da vescovo. Per don Tonino il popolo è «soggetto di riflessione teologica» e il rapporto tra i saperi del popolo e quelli dei teologi non deve essere unidirezionale, devono invece necessariamente integrarsi. Ognuno di questi saperi ha una sua funzione insostituibile perché specifici, diversi, ne aveva tanta consapevolezza don Tonino che volle ed attuò una pastorale che non solo era per il popolo, ma soprattutto partiva dal popolo.
Quella del popolo è stata sempre una categoria privilegiata per don Tonino e all’interno di essa in particolare i poveri: per la loro fragilità, per la loro universalità, per la loro naturale appartenenza al Vangelo. Don Tonino ha amato il popolo e i poveri al punto tale da superare ogni barriera sino ad ospitarli prima nel suo cuore poi anche nella sua casa. L’ospitalità non è stata vissuta come un rimedio da offrire per risolvere un’emergenza sociale ma come una forma di elaborazione della teologia richiesta dai segni dei tempi che viviamo, una categoria eucaristica ed ermeneutica. Nessuno è stato straniero ai suoi occhi! Aveva intuito la centralità di questo problema, prima che altri affermassero che «il giorno in cui nello straniero si riconoscerà un ospite, allora qualcosa sarà mutato nel mondo», don Tonino aveva già con i fatti superato l’idea dello straniero e invitato il suo popolo a passare dalla ostilità alla ospitalità!
Forte è il fascino che questo pastore ha esercitato ed esercita ancora oggi nella Chiesa e nel mondo. Oggi celebriamo la sua venerabilità: il popolo lo ha sempre venerato! Non solo nella sua terra, ma anche e soprattutto lontano dalla sua terra. Infatti non possiamo dimenticare la sua appartenenza e la sua anima salentina ma è giusto al tempo stesso sottolineare la portata universale del suo messaggio, al punto tale che se ci chiedessimo a chi appartiene oggi il profeta dovremmo dire: a Dio e a tutti!”.
Alla imponente cerimonia di ieri sera nella diocesi di Molfetta-Ruvo-Giovinazzo-Terlizzi è seguita oggi alle ore 9,30 la celebrazione di una Messa solenne nella chiesa collegiata Santissimo Salvatore ad Alessano, paese natale di don Tonino Bello, presieduta dallo stesso cardinale Marcello Semeraro ed in serata, alle ore 17,30 sarà il vescovo di Ugento-Santa Maria di Leuca, Vito Angiuli a presiedere la Messa celebrata in Cattedrale a Ugento.
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