Una bella serata all’insegna della cultura, attraverso la ricerca delle tradizioni, storie, leggende e miti, per riscoprire le nostre radici e quelle più profonde del nostro territorio.
L’occasione è stata offerta dalla presentazione dell’ultimo libro del Prof. Alfonso Chiaromonte, “scrittore di storie patrie ed autore di apprezzati studi e saggi che non tralasciano nessun aspetto della micro-storia di Poggio Imperiale e del suo territorio”, avvenuta sabato 29 luglio 2017 presso il “Centro polivalente Anziani”, in viale Vittorio Veneto, 50 di Poggio Imperiale.
“Poggio Imperiale, il fiumicello Caldoli e il culto di san Nazario Martire”, per i tipi delle Edizioni del Poggio, questo è il titolo del saggio pubblicato, del quale l’autore ha voluto, nel suo intervento, tratteggiare i passaggi più salienti. La parola è poi passata ai tre relatori che hanno colto, dalla loro analisi del testo proposto, aspetti inediti e molto interessanti.
La serata è stata allietata da canti della tradizione popolare, con la rievocazione anche di testi e musiche di Matteo Salvatore, il noto e mai dimenticato “cantore apricenese”.
Il Sindaco di Poggio Imperiale e l’Editore delle Edizioni del Poggio hanno infine, con il loro saluto, chiuso la piacevole serata, che ha fatto registrare una notevole partecipazione di pubblico.
Riporto, qui di seguito, la mia relazione integrale svolta nell’occasione, in veste di relatore.
Relazione presentazione libro di Alfonso Chiaromonte
Poggio Imperiale, 29 luglio 2017
di Lorenzo Bove
Il Prof. Alfonso Chiaromonte presenta un suo nuovo libro dal titolo “Poggio Imperiale, il fiumicello Caldoli e il culto di san Nazario Martire” per i tipi delle Edizioni del Poggio.
Con dovizia di particolari e con la consueta precisione di riferimenti, questa volta l’autore ci conduce per mano nei dedali della mitologia per approdare poi agli albori del Cristianesimo, alle persecuzioni e all’affermarsi infine di questa nuova religione nell’impero romano, fornendoci nel contempo elementi di conoscenza riguardo alla trasformazione di antichi templi dedicati agli Dei pagani in chiese, basiliche, abbazie, santuari consacrati ai Martiri del Cristianesimo e ai suoi Santi, con particolare riferimento al nostro territorio della terra di Capitanata, Daunia e del Gargano.
Intrigante, coinvolgente ed affascinante al tempo stesso il mistero che avvolge la Montagna Sacra del Gargano e la Grotta di San Michele Arcangelo di Monte Sant’Angelo. La fede, le credenze, i rituali cristiani e quelli pagani che si intrecciano tra di loro rischiando di generare disorientamento e i tanti dubbi che affiorano dalle analisi condotte dal Chiaromonte sulla base delle numerose fonti consultate. Ma chi non ha dubbi? … ci rammenta ogni tanto papa Francesco. E’ la fede la sola che ci sorregge e che ci indica la Via.
Ma, al di là di ogni considerazione, la Grotta di San Michele Arcangelo rappresenta, per molti di noi, forse ancor più che il Santuario di San Giovanni Rotondo dedicato al Santo Pio da Pietrelcina, il punto di riferimento spirituale della nostra fede e della nostra speranza di salvezza del mondo intero, oggi così barbaramente martoriato da eventi di una gravità tale da far accapponare la pelle. Una citazione di Padre Pio: “Prima di recarvi qui da me… andate a Monte Sant’Angelo e invocate l’aiuto e la protezione dell’Arcangelo Michele”.
Monte Sant’Angelo è uno di quei posti in cui torniamo sempre volentieri, per via della sacralità che si respira, per il mistero che impregna i luoghi, il cui culto traspira davvero dalle stesse rocce che lo costituiscono; un luogo esclusivo sia per la sua storia che per la fortissima spiritualità che aleggia al suo interno. Nello scendere nelle viscere della terra, per raggiunge la Grotta, si è pervasi da un qualcosa di mistico, un qualcosa che sfugge alle normali possibilità di conoscenza e che diviene quindi enigmatico e misterioso. Anche lo stesso San Francesco d’Assisi è sceso fin laggiù. A destra dell’ingresso della Grotta si trova un piccolo altare che ricorda la sua visita, compiuta nel lontano 1216, e San Bonaventura narra che San Francesco non si ritenne degno di entrare al cospetto del Principe delle Celesti Milizie: si fermò a pregare dinanzi all’entrata della Grotta dell’Arcangelo Michele.
In questo suo ultimo libro, il Prof. Alfonso Chiaromonte si sofferma sul fiumicello Caldoli che scorre nel territorio di Poggio Imperiale nei pressi del Santuario di San Nazario, tracciando un profilo, per quanto possibile attendibile, del Santo molto venerato nel nostro territorio e soprattutto dagli abitanti di Poggio Imperiale e dei comuni limitrofi di San Nicandro Garganico, Apricena e Lesina.
Nel fiumicello Caldoli scorrono placide acque “termali”, un tempo ritenute prodigiose nella cura del corpo e anche dello spirito, nelle quali – forse – anche il nostro Santo, al tempo un legionario romano, avrebbe lavato e purificato le sue piaghe.
Le abbondanti informazioni che l’autore mette in luce sono desunte da una vasta gamma di fonti ricercate in maniera certosina, consultate ed analizzate approfonditamente. Ed anche qui riappaiono dubbi, equivoci, supposizioni, sui nomi, sulle date, sui ritrovamenti e quant’altro ci è stato tramandato nei tempi.
Ma la devozione al nostro Santo rimane solida … oltre ogni ragionevole dubbio.
Lo stesso autore del libro sottolinea, nella sua Premessa, che “Scrivere di epoche così lontane, senza essere confortato da documenti che possono riempire tanti vuoti e capire come si sono svolti alcuni eventi, è cosa ardua e difficile”.
E gli si deve dare atto di come egli sia riuscito ad elaborare un saggio abbastanza minuzioso, nel quale si ricompongono man mano – come in un “puzzle” – tutte le “tessere” di questo stupendo mosaico che è la storia del nostro territorio, della nostra gente con le sue tradizioni e le sue credenze. Un saggio che ha il pregio di raccogliere e sviluppare in un unico volume le poche e frammentarie informazioni sul nostro Santuario, sul nostro Santo Martire e sul fiumicello Caldoli disseminate qua e là in fonti più disparate, scritte e di tradizione orale con qualche leggenda.
Il testo è di facile lettura anche se, a prima vista, i riferimenti mitologici e storici, in greco e in latino potrebbero destare, per il lettore, qualche iniziale titubanza. Ma giusta la scelta di riportare tali terminologie nel contesto in cui sono state inserite.
Un excursus storico, politico, religioso e di fede, che si perde nella notte dei tempi fino ad arrivare ai giorni nostri, con esami comparativi finalizzati a mettere a confronto nomi (Nazario, Nazzario, Nazzaro, Lazzaro (Lazzare), Eleazzaro, presunte date di nascita, di martirizzazione per decapitazione (68 d.C. sotto Nerone, 76 o 78 d.C. sotto Vespasiano o 304 sotto Diocleziano), del rinvenimento dei corpi, ecc.
Il culto sul territorio di San Nazario Martire, a partire da quando? Sorgeva in precedenza un antico tempio pagano dedicato a Podalirio? E poi la lotta tra Lesina e Poggio Imperiale per il predominio sulla Cappella dedicata al Santo, fino al sogno dello sviluppo del Santuario e lo sfruttamento delle acque termali del Caldoli.
Questo il nuovo libro dell’amico Alfonso.
Tuttavia l’occasione consente anche qualche piccola divagazione che attiene non tanto alla storia del Santuario di San Nazario, quanto invece a qualche mio personale ricordo dei luoghi riferito ad eventi risalenti ad oltre mezzo secolo fa.
Ebbene, procediamo con ordine.
Ricordo le “levatacce” mattutine di alcune domeniche per servire la Santa Messa al Santuario di San Nazario celebrata dal parroco Don Giovanni Giuliani senior per le famiglie dei contadini delle campagne limitrofe; si andava con una “giardinetta” gialla con la reclame della Pasta Ghigi. La Cappella era presenziata da un eremita che fungeva da guardiano e sagrestano e dimorava in un pagliaio attiguo circondato da un orto ben fornito. In prossimità della ricorrenza della Festa di San Nazario del 28 luglio di ogni anno venivano eseguiti degli interventi preparatori per rendere la Chiesa agibile ed accogliente da parte della molteplicità di pellegrini che vi sarebbero confluiti nel corso dei festeggiamenti solenni dedicati al Santo. E, poi, gli addobbi dell’altare e il “tusello” ove veniva collocata la (vecchia) statua di San Nazario, una sorta di trono tappezzato di drappi colorati e nastri dorati. In tutte queste operazioni, non mancava la presenza del sacrestano tarnuese Antonio Imperiale conosciuto meglio come ‘Ndonije ‘u sarijestane, un personaggio di molteplici capacità e di spiccata intelligenza. S’intendeva di elettricità, idraulica, meccanica e di tutto quanto potesse occorrere per risolvere problemi di qualunque natura. Era impressionante vederlo salire e volteggiare su lunghe scale a pioli per sostituire una lampadina o riparare un guasto in chiesa, nonostante i suoi problemi di difficoltà di deambulazione dovuti ad una poliomelite infantile, che lo costringevano a servirsi delle stampelle per poter camminare. E noi ragazzi del tempo fungevamo da suoi aiutanti oltre che fare i chierichetti. Personalmente devo ancora oggi dire grazie a lui se riesco ad arrangiarmi con qualche lavoretto manuale fai da te.
Con l’avvento di don Nannino (don Giovanni Giuliani junior) i giovani dell’Azione Cattolica, la GIAC, fummo letteralmente investiti da una spinta propulsiva che ci coinvolgeva pienamente facendoci veramente sentire protagonisti e portatori di un messaggio nuovo da divulgare con la forza dell’esempio in mezzo alla gente.
Anche in occasione della Festa di San Nazario i giovani della GIAC hanno sempre assicurato il loro fattivo contributo di partecipazione sul piano del volontariato. Ma il primo anno di avvio della loro partecipazione, che risale – come già accennato prima – ad oltre mezzo secolo fa, resta davvero memorabile, almeno nei miei ricordi terranovesi di gioventù, e sicuramente anche in quelli di Alfonso, autore del libro.
Partimmo da Poggio Imperiale qualche giorno prima dei festeggiamenti del Santo ed iniziammo i lavori di preparazione sotto la guida del sagrestano ‘Ndonije ‘u sarijestane. La pausa pranzo era allietata dalla consumazione collettiva di uno squisito “pancotto” preparato a cura dell’eremita del Santuario, con i sui ortaggi. Pernottamento … in Chiesa … distesi sui banchi di legno e … bagni di acqua “sorgiva e tiepida” nel vicino fiumicello Caldoli.
Baldoria, giochi e canti la sera; ricordo di un gioco … a passarci la palla a mano … ma invece della palla ci passavano dei meloncini, naturalmente dell’orto dell’eremita. Ma anche qualche scherzo più audace, del tipo … prendere di peso qualcuno per le mani e per i piedi … dondolarlo un po’ e poi lanciarlo nel fiumicello. Sorte che capitò, suo malgrado, anche all’ignaro eremita, originario di San Nicandro.
Nei due giorni di festa, ci si alternava tra noi nelle varie incombenze e presso i nostri “stands” a vendere giocattoli o bibite o ricordini o candele, senza alcuna interruzione notturna, poiché i pellegrini, accampati nelle adiacenze del Santuario, continuavano a circolare senza sosta anche di notte.
Mi sovviene in proposito un avvenimento curioso del quale sono stato … incauto artefice.
Era il mio turno di vendita delle candele all’ingresso del Santuario, insieme ad un altro compagno di avventura, ed avevamo notato che i pellegrini arrivavano in chiesa già con la candele in mano e quindi le nostre candele non si vendevano. Dopo un po’ scoprimmo l’arcano: i venditori “professionisti” di candele, per lo più forestieri ed esperti in materia, avevano la prontezza di andare incontro ai pellegrini all’arrivo dei “torpedoni” o delle carovane di carretti e quindi riuscivano a “piazzare” subito le loro candele.
E, allora, mi feci ardito e, all’arrivo del primo “torpedone” mi portai nei paraggi, con il mio pacco di candele, aspettando che i pellegrini cominciassero a scendere ed in effetti la cosa funzionava … stavo cominciando a vendere anch’io le prime candele.
Ma avevo fatto i conti senza l’oste. Infatti uno dei venditori “professionisti”, battuto sul tempo da un ragazzino come me, non poteva sopportare tale affronto e con uno scatto felino era in procinto di saltarmi addosso per scansarmi da quel posto e suonarmele magari di santa ragione. Ebbi la prontezza di schivare il colpo e di scappare velocemente verso il Santuario dove trovai riparo e informai immediatamente di quanto successo don Nannino, il quale fece rintracciare il suddetto individuo e lo diffidò sonoramente, richiamando nel contempo noi ragazzi a rimanere con le candele all’ingresso della chiesa senza allontanarci.
Nel pomeriggio inoltrato dell’ultimo giorno, dopo che tutti gli “stands” erano stati smobilitati ed in attesa del ritorno in paese, io e Fernando, il fratello minore di Alfonso, ci sdraiammo un attimo all’ombra di un poderoso albero di olivastro, cedendo le forze ad Hypnos, il dio del sonno della mitologia greca.
All’arrivo delle macchine che dovevano riportarci a casa, mancavamo all’appello io e Fernando e quindi cominciò una ricerca affannosa, temendo addirittura che fossimo annegati nel fiumicello Caldoli. A furia di sentire urli e richiami, finimmo con lo svegliarci e raggiungemmo così i nostri compagni di avventura … che naturalmente si mostrarono davvero furibondi e non affatto benevoli nei nostri confronti.
Ed io continuai poi a casa mia una lunga dormita rigeneratrice, che sicuramente durò molte ore, e mia madre mi fece dormire e non venne a svegliarmi neanche quando i miei amici … preoccupati … vennero a cercarmi.
Concludo, complimentandomi con l’amico Alfonso Chiaromonte per l’ottimo lavoro di ricerca eseguito e per le preziose informazioni che, con questo suo ultimo libro, ha voluto ancora una volta fornirci.
Un viaggio a ritroso nel tempo e nello spazio alla ricerca delle tradizioni, storie, leggende e miti, per riscoprire le nostre radici e quelle più profonde del nostro territorio.