Da ieri sera l’Italia ha un nuovo Governo: il sessantaquattresimo in 70 anni di Repubblica, in media quasi uno all’anno. Governo fotocopia … ” Renziloni” … “Gentilrenzi” (o con altri fantasiosi appellativi), così viene definito il nuovo Governo presieduto da Paolo Gentiloni, già Ministro degli Esteri del cessato Governo. E, in effetti, al di là di qualche spostamento di poltrona e di alcune new entry, il nuovo Governo non si discosta molto dal precedente Governo presieduto da Matteo Renzi, dimissionario dopo il flop incamerato alla kermesse referendaria del 4 dicembre scorso, che ha fatto registrare una percentuale del 59% a favore del fronte del NO, rispetto al 41% a favore del fronte del SI, che il referendum confermativo della Riforma Costituzionale aveva promosso e caldeggiato, nel corso di una viva competizione che ha acceso gli animi degli italiani, trascinandoli in massa ai seggi elettorali, con un’affluenza eccezionale che ha sfiorato il 70% degli aventi diritto al voto.
L’ex Presidente Renzi aveva personalizzato (fatale errore?) la Riforma Costituzionale formalmente approvata dal Parlamento, fino al punto di minacciare (sua sponte, in quanto non atto dovuto, né richiesto da chicchessia) le proprie dimissioni in caso di sconfitta, prestando il fianco al fronte del NO … che oltre alle sue dimissioni richiedeva anche lo scioglimento anticipato delle Camere da parte del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella e l’indizione di nuove elezioni politiche.
La notte del Referendum, a fronte della debacle scaturita dallo scrutinio delle schede elettorali , il Presidente del Consiglio in carica ha confermato le proprie dimissioni, formalizzandole l’indomani al Quirinale nelle mani del Presidente Mattarella, il quale provvedeva al “congelamento” delle stesse, invitando Renzi a completare prima l’iter approvativo della “Legge di Stabilità 2017” in discussione al Senato e già approvata alla Camera dei deputati.
Eseguite tali ultime incombenze (ponendo naturalmente il voto la fiducia, per evitare che eventuali modifiche al testo già approvato alla Camera, rendessero poi necessario il rinvio della legge alla Camera stessa per la necessaria approvazione [Esempio del ping pong derivante dal nostro bicameralismo paritario previsto dalla Costituzione (pare … la più bella del mondo!)], Renzi è salito nuovamente al Quirinale per rassegnare le proprie dimissioni irrevocabili nelle mani del Presidente Mattarella.
Il fronte del No, già vittorioso al Referendum, con le dimissioni di Renzi aveva così portato a casa anche la seconda vittoria. Per il coronamento del “sogno” mancava ora solamente lo scioglimento anticipato delle Camere da parte di Mattarella, per andare di filata alle nuove elezioni politiche. Ma c’era, purtroppo, un piccolo intoppo di cui tutti erano a conoscenza e che Mattarella non poteva proprio ignorare: la nuova legge elettorale in vigore (il c.d. Italicum) prevede esclusivamente le procedure di elezione della Camera dei Deputati e non anche quelle per il Senato della Repubblica, e ciò in quanto la Riforma Costituzionale (bocciata con il Referendum del 4 dicembre scorso) ne prevedeva la trasformazione in Senato delle Autonomie Regionali, da eleggere su basi territoriali.
E, dunque, l’unica via d’uscita per il Capo dello Stato rimaneva quella di conferire l’incarico di formare un nuovo Governo a Paolo Gentiloni della coalizione che conserva ancora la maggioranza in Parlamento, a seguito delle consultazioni di rito che avevano fatto registrare un netto rifiuto da parte del fronte del NO a partecipare a qualunque forma di Governo di “larghe intese”, finalizzato a traghettare il Paese fuori dalla palude nella quale era andato ad impantanarsi.
Un nuovo Governo, dunque, per stimolare il Parlamento ad elaborare ed approvare celermente (nelle more della sentenza della Consulta sulla costituzionalità di alcuni punti dell’Italicum, prevista per il 24 gennaio 2014) una nuova legge elettorale che consenta agli italiani di poter presto ritornare alle urne per eleggere un nuovo Parlamento consapevole ed in grado di ricercare quelle “larghe intese” indispensabili, oggi più che mai, per dare al Paese un Governo affidabile ed in grado di affrontare le sfide interne ed internazionali che attanagliano il mondo intero.
No, questo è un Governo che non mi piace! E non mi piace, come del resto non piace a molti degli italiani, sia fra quelli che al Referendum hanno votato NO, sia fra quelli che invece hanno votato SI.
Ma sono conscio che non si poteva fare diversamente … e soprattutto non c’erano altre vie d’uscita, rispetto anche agli impegni internazionali ai quali l’Italia dovrà far fronte nei prossimi giorni e nei prossimi mesi.
Anche la Borsa, in queste ore, … pare che stia dando segnali positivi; speriamo bene.
I movimenti di piazza paventati da più parti per utilizzare il responso referendario (l’affluenza del 70% e il risultato del 59%) come grimaldello per forzare il portone del Palazzo, sono del tutto fuorvianti e dannosi in tutti i sensi.
Come sarebbe bello un Governo di responsabilità allargato a tutti i partiti.
Utopia?