Un incontro speciale con la bellezza.
Il consueto appuntamento di fine anno a Palazzo Marino, per ammirare il prezioso “gioiello dell’arte mondiale” scelto per l’occasione, ha avuto il suo esordio lo scorso mercoledi 3 dicembre 2014.
E’ divenuto ormai una vera e propria tradizione meneghina, e tanti sono i visitatori che ogni anno, in questo periodo, si mettono pazientemente in fila davanti all’ingresso principale del Palazzo Comunale di Milano, per potervi accedere, affrontando anche qualche disagio in relazione alle condizioni climatiche avverse, che caratterizzano solitamente il periodo invernale in Lombardia.
Ma tutto questo passa in second’ordine, quando si è poi al cospetto dell’opera d’arte, all’interno della Sala Alessi, ove ci si sente pienamente appagati dalla visione del capolavoro esposto.
Quest’anno, ancora una volta come nel 2013, l’artista prescelto è stato Raffaello, del quale è stata esposta la “Madonna Esterhazy”, un dipinto ad olio arrivato da Budapest, e più precisamente dallo Szépm Vészeti Múzeum (Museo delle Belle Arti).
L’opera, eseguita nel 1508, quando Raffaello aveva 25 anni, nel periodo del suo passaggio da Firenze a Roma, venne donata da Papa Clemente XI agli Asburgo, approdando infine fra le proprietà del casato ungherese degli Esterhazy.
Lo scorso anno, di Raffaello Sanzio venne invece esposta a Palazzo Marino la “Madonna di Foligno”, che toccò il record delle 240.000 presenze, in un mese, tra visitatori milanesi e turisti.
La “Madonna Esterházy” è stata accolta in Sala Alessi da altri due dipinti milanesi, simili per soggetto ed epoca: la “Vergine del Borghetto”, senza dubbio la migliore copia antica della Vergine delle rocce di Leonardo rimasta a Milano, concessa dall’Istituto delle Suore Orsoline e attribuita a Francesco Melzi; e la “Madonna della rosa” di Giovanni Antonio Boltraffio, prestito del Museo Poldi Pezzoli di Milano. Ciò consente di poter osservare le evidenti affinità nelle espressioni dei volti e nelle pose dei personaggi, ma anche le profonde differenze nella concezione del paesaggio e delle luci, mettendo direttamente a confronto l’interpretazione di Raffaello e quella dei seguaci milanesi di Leonardo.
Ma, indubbiamente, la protagonista assoluta è la Madonna col Bambino e San Giovannino, ribattezzata in seguito Esterhàzy dal nome degli ultimi proprietari; un dipinto che segna il passaggio anagrafico e biografico di Raffaello, dall’apprendistato fiorentino alla maturità romana. La tavola non è del tutto compiuta, mancando di alcuni ritocchi propri dell’ultima stesura.
La “Madonna Esterházy” si affaccia nella storia e nella cronaca all’inizio del XVIII secolo, quando viene donata da Papa Albani (Clemente XI) a Elisabetta Cristina di Brunswick-Wolfenbuttel, futura moglie dell’imperatore Carlo VI d’Asburgo. Elisabetta Cristina era la madre dell’imperatrice Maria Teresa, che a sua volta donò la tavola di Raffaello al conte Wenzel Anton von Kaunitz, figura di spicco nella politica imperiale. Alla morte di Kaunitz (1794) il dipinto passò agli Esterházy e da qui al Museo delle Belle Arti di Budapest.
Considerando che non si è in possesso di informazioni più antiche, rispetto alla donazione di Papa Clemente XI agli Asburgo, e che non si conosce né uno specifico committente nè una precisa destinazione, gli esperti in materia presumono che Raffaello abbia sempre tenuta l’opera con sé, forse come la memoria tangibile della scelta fondamentale della sua carriera: un’opera intima, dunque, quasi segreta.
Ma, qualche azzardo mi sia consentito: Il Papa Clemente XI, al secolo Giovanni Francesco Albani, nato ad Urbino il 23 luglio 1649 e morto a Roma il 19 marzo 1721, era compaesano di Raffaello Sanzio, pittore e architetto italiano, tra i più celebri del Rinascimento, anch’egli nato ad Urbino il 28 marzo o 6 aprile 1483 e morto a Roma il 6 aprile 1520. Non escludiamo, quindi, che tra i due – sebbene a qualche secolo di distanza – ci fosse una sorta di affinità affettiva, intesa come identificazione interiore nell’ispirazione artistica e che, vivendo proprio ad Urbino, il futuro Papa possa essere stato influenzato dalle opere del suo illustre concittadino, fino ad ottenere il privilegio di accedere, magari, a documentazioni inedite ed opere incompiute appartenute all’artista, fino a conseguire il possesso dell’opera. Oppure, molto più semplicemente, che il “quadretto” sia stato donato al Papa dagli eredi di Raffaello, proprio perché egli era di origine urbinate.
Ciò nondimeno, la mostra è anche l’occasione per ricordare le vicende drammatiche, ma anche il “lieto fine”, del furto avvenuto presso il Museo di Budapest nel 1983, considerato il più clamoroso furto d’arte dai musei del XX secolo. Approfittando dei lavori di restauro della sede museale, un gruppo di malviventi italiani, su commissione di una magnate greco, trafugò sei opere d’arte italiana, fra cui appunto la “Madonna Esterházy”. I capolavori furono successivamente ritrovati dai Carabinieri del nucleo recupero di opere d’arte italiano in un convento dismesso in Grecia, e i ladri identificati e arrestati.
Dopo questo episodio, la tavola di Raffaello è stata sottoposta a indagini accurate e delicatamente restaurata.
L’esposizione è curata da Stefano Zuffi, grande esperto di arte rinascimentale, mentre l’evento – posto sotto l’Alto patronato del Presidente della Repubblica Italiana, patrocinato dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali e del Turismo e promosso dal Comune di Milano, Intesa Sanpaolo e la Rinascente – è stato realizzato da Palazzo Reale di Milano e dal Museo delle Belle Arti di Budapest, in collaborazione con le Gallerie d’Italia di Piazza Scala ed organizzato con la partecipazione di Arthemisia Group.
Ed anche quest’anno ad accompagnare l’esposizione vi è un importante apparato divulgativo e didattico che – in qualità di assidui visitatori – io e mia moglie abbiamo avuto modo di apprezzare ancora una volta.
L’appuntamento natalizio con la grande arte a Palazzo Marino, nelle precedenti occasioni ha ospitato celeberrimi capolavori, come “La conversione di Saulo” di Caravaggio, il “San Giovanni Battista “di Leonardo Da Vinci, la “Donna allo Specchio” di Tiziano, il dittico “San Giuseppe falegname e L’adorazione dei magi” di Georges de la Tour e infine “Amore e Psiche” di Antonio Canova.
La grande mostra si protrarrà fino all’11 gennaio 2015.
Foto di repertorio