Sale la preoccupazione in tutto il mondo occidentale dopo la terza decapitazione, in meno di un mese, di ostaggi da parte dei miliziani islamici dell’Isis(1), avvenuta nei giorni scorsi. E, non di meno, da noi, cresce l’apprensione per la sorte dei tre italiani rapiti dai jihadisti e tenuti ancora prigionieri. Si tratta di Padre Paolo Dall’Oglio, scomparso oltre un anno fa a Ragga e delle due giovani cooperanti Vanessa Marzullo e Greta Ravalli, rapite lo scorso 31 luglio alla periferia di Aleppo.
In casi del genere, l’Italia ha dimostrato sempre la sua propensione a non abbandonare nessuno dei propri connazionali, facendo tutto il possibile per la loro liberazione.
Circolano voci tendenziose (è risaputo che i mass media a volte non risparmiano proprio nessuno) di pagamenti di riscatti, nell’ordine di milioni di dollari, pagati dal Governo Italiano ai terroristi, attraverso lunghe e complesse operazioni e trattative segrete. E, pare che anche la Francia faccia altrettanto. E forse non solo la Francia.
Ma, se così fosse, non c’è il rischio che il business dei riscatti, avendo la finalità di finanziare proprio il terrorismo islamico, finisca con l’innescare una spirale di violenza di massa senza fine?
Gli Stati Uniti e la Gran Bretagna, dal canto loro, hanno sempre scelto la linea dura nei confronti dei terroristi, con tentativi di blitz spesso non andati a buon fine e un bilancio di cittadini americani e britannici uccisi, che cresce di mese in mese. L’ultima vittima dell’orrore jihadista era, infatti, un cittadino britannico, al quale è stata riservata la medesima sorte delle due precedenti vittime di nazionalità statunitense; nel video dell’esecuzione sono state espresse minacce anche per il secondo britannico rapito e ancora nelle loro mani.
E, dunque, cosa conviene fare: usare il pugno di ferro o trattare?
“La violenza porta violenza”, dice il nostro Papa Francesco, affermando pure che la Terza Guerra Mondiale è già in corso, sebbene “combattuta a pezzi, con crimini, massacri e distruzioni” e, che, “la guerra è una follia, il suo piano di sviluppo è la distruzione: volersi sviluppare mediante la distruzione”. Ma dice anche che è forse meglio attivare processi di apertura al dialogo tra i popoli di estrazione, cultura e religione diverse, evitando per quanto possibile di inasprire gli animi.
Tuttavia, le maggiori potenze occidentali hanno deciso di partire subito con le maniere forti e, tra esse, anche l’Italia parteciperà ai bombardamenti fornendo armi e munizioni (per ora, niente aerei, è stato detto).
Ma, non è il caso di fare qualche riflessione, partendo dal presupposto che taluni fenomeni non si verificano mai solo per puro caso? E’ risaputo che sono sempre le circostanze a creare le opportunità e talvolta anche alcuni errori di leggerezza e sottovalutazione. E, quando meno te l’aspetti, ecco che la pietanza ti viene servita bella e pronta!
Ora siamo veramente in un mare in tempesta, se consideriamo anche l’ulteriore fronte di crisi aperto in Ucraina con la Russia, e la nave fa acqua da tutte le parti.
Forse vanno ripensati i princìpi che hanno ispirato i governanti (soprattutto degli Stati Uniti e della Gran Bretagna), alla fine della seconda guerra mondiale, a costituire la NATO; un organismo forse non più in grado di assicurare il necessario equilibrio tra gli Stati, perché nata in piena “Guerra Fredda” soprattutto per arginare il pericolo di avanzata militare della Russia (guarda caso, la Russia ancora oggi non è membro della Nato).
Ma ne è passata di acqua sotto i ponti ed è trascorso un bel po’di tempo dalla caduta del Muro di Berlino: ora, se un pericolo c’è (e non possiamo più far finta di ignorarlo), viene esclusivamente dall’area islamica.
Invece noi vogliamo fare la guerra alla Russia … orsù, cerchiamo di ragionare, per favore!
Con la Russia dobbiamo fare discorsi di collaborazione e non perderci in chiacchiere sterili e futili, essendo indispensabile ed ineludibile la sua entrata, a pieno titolo, nella NATO. Gli effetti che ne discenderebbero sarebbero senz’altro positivi, non foss’altro che per il delinearsi di nuovi processi di stabilità in ambito mondiale.
Lo spunto offerto da Francesco Alberoni, che ha trattato l’argomento in un suo articolo pubblicato su “il Giornale” di lunedi 15 settembre 2014(2), e che riporto qui di seguito, è molto interessante. Ma si tratta di una voce solitaria che si perde nell’universo dei discorsi dei soloni in campo planetario e delle strategie degli Stati, i cui interessi reconditi non è dato conoscere, ma solo immaginare.
Sarà un caso che il Santo Padre, in visita al Sacrario di Redipuglia, qualche giorno fa, ha affermato che dietro le quinte di tutti i conflitti “ci sono interessi, piani geopolitici, avidità di denaro e di potere, e c’è l’industria delle armi, che sembra essere tanto importante! E questi pianificatori del terrore, questi organizzatori dello scontro, come pure gli imprenditori delle armi, hanno scritto nel cuore: ‘A me che importa’? È proprio dei saggi riconoscere gli errori, provarne dolore, pentirsi, chiedere perdono e piangere”.
(1)L’Isis è l’acronimo di “Stato Islamico dell’Iraq e della Siria”. Un gruppo jihadista attivo in Siria e in Iraq il cui leader, Abu Bakr al-Baghdadi, ha unilateralmente proclamato la rinascita del califfato nei territori caduti sotto il suo controllo. La posizione dell’ ONU in merito alla legittimità di questo autoproclamato Stato Islamico è stata quella di dichiarare il più alto livello di emergenza sotto il profilo umanitario ed invitare il governo iracheno a formare un governo il prima possibile entro i limiti della Costituzione irachena, senza riconoscere alcuna legittimità all’Isis (che si trova anche sul territorio dello stato iracheno, membro riconosciuto dell’ONU e facendo riferimento ad esso come “gruppo terroristico”.
(2) “La Nato è morta e la Russia non è più un nemico” di Francesco Alberoni, “il Giornale” di lunedi 15 settembre 2014. “La Nato è nata nel 1948 e fra i suoi Paesi mèmbri oggi abbiamo Stati Uniti, Canada, Regno Unito, Francia, Belgio, Germania, Danimarca, Norvegia, Polonia, Estonia, Lettonia, Lituania; a sud e a est Spagna, Portogallo, Italia, Grecia, Ungheria, Romania, Bulgaria e Turchia. In sostanza un semicerchio che stringe la Russia a occidente, a nord e a sud. Anche solo guardandone la forma geografica si capisce che è stata creata in funzione anti Urss all’epoca della Guerra fredda, però continua a esistere anche ora che l’Urss non esiste più e i principali pericoli militari non ci vengono dalla Russia ma dall’area islamica, mentre la più pericolosa competizione economica è quella della Cina. La Nato è tenuta in vita dagli Usa e dal Regno Unito che ci fanno litigare con la Russia per impedirci di stabilire con essa una profonda integrazione economica, e invece spingerci ad acquistare petrolio e gas dai Paesi del Golfo controllati da loro. Tutti i Paesi europei sono danneggiati da questa politica e la Russia viene spinta a integrarsi con la Cina. E’ venuto il momento di domandarci perché dobbiamo continuare a fare parte di una organizzazione che ci reca solo danno. La Russia per noi non è un nemico, ma un amico, appartiene alla cultura europea, è un partner economico ideale, combatte l’integralismo islamico che invece gli americani hanno favorito con la loro politica in Afghanistan, in Irak e in Siria. È stata la Nato ad abbattere Gheddafi dando la Libia in mano agli islamisti e inondando l’Italia di immigrati. E non dimentichiamo che il presidente Obama voleva bombardare l’esercito di Assad aiutando le forze che hanno poi creato il califfato. Oggi la Nato dovrebbe essere riorganizzata con nuovi scopi e con nuovi mèmbri. E per prima cosa dovrebbe farne parte la Russia, per costituire un fronte comune contro l’integralismo islamico e la immensa potenza militare che fra poco sprigionerà la Cina. Oggi la Nato, che guarda a nemici del passato, dovrebbe pensare al futuro. Magari facendo anche qualcosa per il presente per esempio mettere fine alle emigrazioni nel Mediterraneo da essa stessa provocate”.