Tra i tanti ricordi della mia infanzia, mi riaffiorano alla mente alcuni periodi estivi trascorsi con la mia famiglia a Sepino, in provincia di Campobasso, nel Molise.
Ci si andava per “cambiare aria” – come si diceva allora – ma soprattutto perché a Sepino sgorgava dalle sue rocce un’acqua straordinaria che pareva curasse e prevenisse l’insorgenza di ogni specie di malanno. Sicuramente la località, posta a 702 metri di altitudine, su di un colle boschivo alle propaggini del Massiccio del Matese, non poteva che offrire – nel corso dell’estate – refrigerio e benessere.
Ed erano parecchie le famiglie di Poggio Imperiale, il mio paese di nascita ubicato in terra di Capitanata, in provincia di Foggia e confinante con quella di Campobasso, che sceglievano all’epoca proprio Sepino come località di relax, prima o subito dopo il periodo di balneazione al mare a Torre Fortore (ove oggi è insediato il centro turistico di Lesina Marina).
Ricordo le belle passeggiate e soprattutto le mattinate e i pomeriggi trascorsi alle “Tre Fontane”, le Terme che si trovavano un po’ fuori dal centro abitato, dove gli adulti “facevano la cura delle acque” e noi bambini giocavamo e ne combinavamo di tutti i colori, fino all’ora di pranzo e di cena.
E poi, la sera, tutti in piazza: bancarelle, luminarie, concerti bandistici, cantanti di musica classica e musica leggera; ogni sera, qualcosa di nuovo e di interessante.
Nel corso della vacanza, una visita culturale agli scavi archeologici di “ Saepinum – Altilia” era obbligatoria, anche se noi piccoli non facevamo altro che correre e rincorrerci tra le colonne e i resti di capitelli sparsi qua e là tra le antiche strade romane.
Nei giorni scorsi, nel corso di un giro in Molise, io e mia moglie in compagnia delle mie due sorelle e i rispettivi mariti, abbiamo voluto ripercorrere anche quei luoghi, per ricercare spunti dei nostri ricordi di oltre mezzo secolo fa.
E come spesso succede, qualche delusione te la devi pure aspettare.
Le Terme non ci sono più: chiuse già da tempo! E, quindi, niente “Tre Fontane”, ma anche il paese, nel suo insieme, ci è apparso alquanto dimesso.
Abbiamo però recuperato con la visita dell’area archeologica, che rimane pur sempre una tappa interessante, anche se si percepisce l’insussistenza di un adeguato livello di attenzione da parte degli “addetti ai lavori”, rispetto all’inestimabile valore del sito: accessi aperti a chiunque e carenza di sorveglianza in tutto il perimetro. Solo i due Bar/Ristoranti presenti in loco davano segni di vita.
Ma, al di là di questo, è comunque sempre interessante fare una capatina a Sepino, sperando che la località venga maggiormente valorizzata a livello universale, perché si tratta di un museo a cielo aperto che ci parla del nostro passato.
Sepino (da saepio, in latino recingere, forse perché circondata da monti o forse perché l’antica Saepinum era cinta da mura) è un comune di poco più di 2.000 abitanti della provincia di Campobasso e fa parte del circuito dei ”Borghi più belli d’Italia”.
Nel centro cittadino sorge la chiesa di Santa Cristina, probabilmente costruita quando la popolazione, alla fine dell’Alto Medioevo, abbandonò Saepinum per fondare l’odierna Sepino. All’interno della chiesa si trovano la “grotta di Santa Cristina” con i Misteri, la Sala del Tesoro, un coro ligneo ottocentesco e l’archivio storico parrocchiale, che conserva anche pergamene del XII secolo.
Meritano attenzione anche il campanile romanico della Chiesa di San Lorenzo, le chiese di Santa Maria Assunta e del Purgatorio, nonché l’ex Chiesa di Santo Stefano, oggi adibita a teatro e a sala conferenze. A poca distanza dal centro, in località Petrilli, si trova il convento della SS. Trinità. Ne decorano l’interno alcuni dipinti, statue e fontane. Dal piazzale del convento è possibile giungere alle rovine del convento Santa Maria degli Angeli, oggi abbandonato.
Il centro abitato di Sepino conserva le tipiche caratteristiche medievali; un’ampia piazza alla quale confluisconto un certo numero di stretti vicoli.
Vi si trovano numerose fontane, come quella ubicata nella piazza principale, i cui rubinetti indicano i punti cardinali, o quelle della Canala e del Mascherone. Degno di nota è infine il Ponte San Rocco, da cui prende nome l’omonima località.
L’abitato medievale era circondato da una cintura muraria a forma quasi ellittica, con quattro porte, munita di torri sulle quali spiccava il castello. Tuttora sono conservate alcune torri e tre porte: la porta Meridionale, la porta Orientale, la porta di Corte o porta Borrelli. Il castello fortemente danneggiato dal terremoto del 1805 fu progressivamente abbattuto.
Vicino al centro abitato si trova il complesso delle Terme “Tre Fontane”, le cui acque hanno caratteristiche oligominerali adatte alla cura della calcolosi renale. Attualmente le Terme sono chiuse
A poca distanza dall’abitato si trovano gli scavi archeologici di Saepinum.
Saepinum sorge nella zona archeologica di Altilia, attraversata dall’antico Tratturo Pescasseroli-Candela ed è possibile ammirare i resti dell’abitato romano, come il Foro, la Basilica, Porta Bojano, le Terme, il Teatro, il Cardo e il Decumano e le Mura.
La zona archeologica è meta di turisti italiani e stranieri ed è altresì inserita nel calendario di manifestazioni estive, che propongono spettacoli di teatro e danza di livello internazionale.
I resti della città romana di Saepinum sono venuti alla luce con gli scavi iniziati a partire dal 1950. Fra le rovine romane si trovano numerose case coloniche costruite con pietre di spoglio sin dal XVIII secolo ed oggi adibite a sede di un lapidario e degli uffici dei custodi.
La pianta di Saepinum è quella tipica delle città romane anche se gli scavi si sono concentrati sul Decumano maggiore e sul Cardo massimo. Le porte sono di conseguenza quattro (tre delle quali con l’arco ancora conservato): Porta Benevento; Porta Terravecchia; Porta Bojano; Porta Tammaro.
Il Foro, a pianta rettangolare, è ancora oggi pavimentato con lastroni in pietra lavorata. Su di esso si aprivano gli edifici pubblici: la Curia, il Capitolium e la Basilica. Quest’ultima possiede ancora le venti colonne circolari di ordine ionico ed a fusto liscio che circondavano un peristilio. Alle spalle della Basilica era il Macellum (mercato). In fondo a destra, prima della Porta Bojano, vi sono i resti di una delle tre Terme.
Ben conservato è il Teatro, scavato solo in parte negli anni settanta del secolo scorso e costituito dalla scena e dalla platea, entrambe in pietra locale lavorata. Capace di contenere 3.000 posti circa, è cinto da alcune ex case coloniche che seguono anche l’andamento semicircolare della platea. Intorno c’è un corridoio alle cui pareti sono presenti numerose lapidi, resti di colonne e di capitelli e che aveva lo scopo di far defluire gli spettatori verso l’esterno della città al termine degli intrattenimenti. Della palestra esistente fra il Foro e la strada oggi restano solo pochi ruderi.
Nella parte meridionale del Foro (quella che guarda verso Porta Benevento), sotto una copertura in ferro, si possono notare cospicui resti di una pavimentazione marmorea, mentre a destra vi è un pozzo coperto costruito con materiale di spoglio. Proseguendo verso Porta Benevento si notano a sinistra i resti di una casa con impluvio sannita in pietra lavorata e subito dopo i resti di un edificio industriale con diverse vasche sotterranee ad imbuto ed una ruota di un mulino fedelmente ricostruita. Segue la fontana del Grifo, costruita dagli edili Ennio Gallo ed Ennio Marso a cavallo fra il I ed il II secolo d.C. e chiamata così perché l’acqua fuoriesce da un altorilievo raffigurante un Grifo.
Poco distanti dalla città, rispettivamente vicino alle porte Bojano e Benevento, sono posti due mausolei, il primo intitolato ai Numisi ed il secondo a Caio Ennio Marso.
Il sito archeologico di Saepinum – Altilia è stato insignito nel 2010 dello “Scudo blu internazionale” (ICBS International Commitee of the Blue Shield), fondato nel 1996 a protezione dei Beni Culturali, per la difesa dei quali vengono promosse azioni di protezione, prevenzione e sicurezza in tutte le situazioni rischiose, come i conflitti armati e le calamità naturali; esso prende il nome dal simbolo specificato nella Convenzione de L’Aja del 1954.
Antecedentemente alla nascita della città romana di Saepinum, in località Terravecchia (a monte, poco distante) era insediato un villaggio sannita denominato Saipins, dall’osco saepo “recinto” per la vendita di mercanzie e animali.
La costruzione di Saipins/Terravecchia da parte dei Sanniti fu dettata dalla posizione strategica e dal controllo delle vie d’accesso mercantili tra due forre o burroni che mettevano in comunicazione l’Apulia a sud ed il Sannio Pentro a nord e la costa adriatica molisana ad est e la costa tirrenica campana ad ovest.
Il villaggio era situato tra i fiumiciattoli Magnaluno a nord e Saraceno a sud, a 950 metri sul livello del mare.
Alla fine II secolo a. C. sono datate un gruppo omogeneo di abitazioni private e alla stessa epoca risale lo smercio di terrecotte con incisioni osche.
Dopo la guerra sociale la città divenne un centro amministrativo romano.
Fra il II secolo a. C. ed il IV secolo d. C. avvenne la costruzione di mura difensive, nel primo impianto in opera reticolata, con torri poste ad intervalli regolari sopra le porte. Queste avevano i nomi dei luoghi dove terminavano le strade diramantesi dal centro storico.
A Castelvecchio (nei pressi di Terravecchia) vi sono resti delle mura megalitiche lunghe 500 metri con 3 porte dette “Postierla del Matese”, “dell’Acropoli” e “del Tratturo”, quest’ultimo collegava la pianura con gli scavi di Saipins.