In queste ore il nuovo Governo Renzi è in Parlamento per il passaggio istituzionale di fiducia che, a quanto pare, dovrebbe essere data per concessa sia al Senato che alla Camera.
Una bella squadra composta da tanti giovani, la metà dei quali donne, alcuni di età inferiore ai 40 anni, con una media di 47 (sono purtroppo i 64 anni del ministro Padoan che la influenzano negativamente). Sedici in tutto, un Governo snello – dunque – con un Presidente del Consiglio di 39 anni, neanchè l’età prevista per poter occupare un seggio al Senato. Un solo Governo contava un numero inferiore di ministri, 15 per la precisione, ma bisogna tornare indietro al Governo De Gaspari ter.
L’Italia si presenta come un Paese diviso; i risultati delle elezioni dello scorso anno non hanno decretato un vero vincitore per cui si è reso necessario ricorrere ad un Governo di larghe intese, retto da Enrico Letta, che si è andato man mano sfaldando, anche per le via delle significative trasformazioni intervenute nei due principali partiti politici che lo sostenevano, il PD ed il PdL. Nel primo, le primarie avevano incoronato nuovo Segretario Matteo Renzi e determinato conseguentemente nuovi rapporti di forza nel suo interno. Nel secondo, invece, il Partito era stato sciolto a favore di una nuova formazione politica, che riprendeva l’originaria denominazione di Forza Italia del 1994, nel mentre un gruppo di dissidenti si costituiva in autonoma formazione denominata Nuovo Centrodestra, che decideva di mantenere il proprio appoggio al Governo Letta, a differenza di F.I. che, al contrario, passava all’opposizione.
L’accelerazione che il nuovo Segretario del PD intendeva dare al processo di riforme di cui l’Italia ha davvero tanto bisogno e l’intervenuta sentenza della Corte Costituzionale con la quale veniva spazzata via la vigente legge elettorale, segnavano di fatto la fine del Governo Letta e aprivano le porte a due scenari possibili: scioglimento delle Camere con indizione di elezioni anticipate senza una nuova legge elettorale oppure il tentativo di salvare la Legislatura con l’impegno di portare avanti, una volta per tutte, le attese riforme costituzionali unitamente alla nuova legge elettorale.
Il Presidente della Repubblica ha optato coerentemente per la seconda ipotesi, conferendo l’incarico di formare il nuovo Governo al neo Segretario del PD Matteo Renzi.
Dalle immagini televisive circolate nelle scorse ore si è avuta netta l’impressione che Enrico Letta abbia giudicato l’operazione come una pugnalata alle spalle da parte di Matteo Renzi e quindi una scorrettezza nei suoi confronti e del suo Governo; significativo è il filmato della cerimonia del “campanello” (passaggio di consegne) nel corso della quale Letta si presentava accigliato e visibilmente contrariato. Circolano voci di una probabile volontaria fuoruscita di Letta dal PD verso una nuova formazione politica.
Riuscirà veramente Renzi ad assicurare quella discontinuità con il passato, indispensabile per assicurare una svolta efficace del nostro Paese?
La storia parlerà di un giovane con spiccate qualità e capacità che è stato in grado di “cambiare il verso dell’Italia” oppure del solito arrivista ed opportunista di turno?
Ai posteri l’ardua sentenza.
Tra i tanti articoli dei giornali letti nella giornata odierna, ho trovato interessante quello di Francesco Alberoni, pubblicato su “Il Giornale”, che riporto testualmente, qui di seguito.
Un Paese diviso: c’è chi pedala e chi, invece, frena.
Al di là dei nomi e degli schieramenti le forze in campo sono solo due
Tutte le formazioni sociali si formano attraverso i movimenti in cui le gente confluisce spontaneamente, mossa dal desiderio ardente di cambiare il vecchio mondo, la vecchia società e crearne una più giusta. È così che sono nati il partito Comunista, Socialista, Liberale, Repubblicano e Democristiano che hanno scritto la nostra Costituzione. Una Costituzione in cui non è il popolo a eleggere il governo, ma il Parlamento (Camera più Senato) che potrebbe perciò cambiarlo anche ogni mese. Oggi tutti questi partiti storici sono scomparsi, e al loro posto ci sono delle formazioni nate da altri movimenti: Lega, Italia dei valori, Forza Italia a cui da ultimo dobbiamo aggiungere i Grillini, e i Renziani.
Ma c’è un movimento di Renzi, visto che Renzi è segretario del Pd e presidente del Consiglio, quindi una istituzione? Certo, è un movimento anomalo senza sigle e bandiere, ma che ha moltissimi seguaci e potenziali elettori un po’ dovunque, nel Pd, nei centristi, in Forza Italia, perfino fra i grillini, gli incerti e gli astenuti. Renzi è un capo carismatico e stanno con lui tutti quelli che vorrebbero un maggior dinamismo e una riforma costituzionale che riduca i poteri paralizzanti del Parlamento e dia all’esecutivo il potere di rimodernare dalle fondamenta l’apparato costosissimo e sclerotizzato dello Stato. Corrispondentemente si trova contro tutti i partitini che temono di sparire, la burocrazia inefficiente e costosa che vuol continuare a crescere e a spendere e, infine, i grillini che vogliono tutto il potere per instaurare una dittatura totalitaria.
Sono queste le due coalizioni reali, le reali potenze politiche che, al di là dei nomi dei partiti o delle sigle, si stanno scontrando nel Parlamento e, un giorno, si scontreranno alle elezioni. E se le elezioni verranno condotte con un sistema che elegge un governo certo, stabile e forte, l’Italia prenderà slancio. Se invece verranno fatte ancora con il metodo tradizionale o il proporzionale, resteremo nella palude parlamentare limacciosa in cui ci troviamo da decenni.
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