In questi giorni di freddo, pioggia e neve che imperversano nel Nord Italia, Lombardia compresa, qualche piatto caratteristico lombardo di stagione, come ad esempio la cassoeula, proprio non guasterebbe.
La cassoeula è un pietanza tipica della tradizione popolare e della cucina milanese e lombarda e rappresenta il principe dei piatti invernali, preparato per celebrare quello che restava dalla macellazione del maiale.
Sicuramente non proprio un piatto leggero, eppure molto amato dai vecchi milanesi e lombardi in genere, ma anche dai buongustai di qualunque provenienza.
La cassoeula è detta anche bottaggio (termine derivante probabilmente dal francese potage).
Pare, in proposito, che il grande musicista Arturo Toscanini ne fosse molto ghiotto.
Il piatto, così come viene preparato, risalirebbe all’inizio del XX Secolo, ma le sue varianti più antiche sono di origine incerta e controversa.
Gli ingredienti principali della cassoeula sono le verze, che la tradizione prevede vengano utilizzate solo dopo la prima gelata, e le parti meno nobili del maiale, come la cotenna, i piedini, la testa e le costine.
Oggigiorno, nell’attuale preparazione, sia in casa che nei ristoranti, si ha la tendenza ad alleggerire in qualche modo i condimenti e a utilizzare esclusivamente costine (magre), salamini da verza (altrettanto magri) e solo qualche pezzo di cotenna (ben sgrassata), al fine di rendere il piatto meno pesante e maggiormente digeribile, oltre che più salutare.
Generalmente è un piatto unico, servito con una buona polenta fumante.
Il termine cassoeula potrebbe derivare dal cucchiaio con cui la pietanza viene mescolata durante la sua preparazione (“casseou” in dialetto lombardo) o dalla pentola in cui si prepara (casseruola).
Un’altra ipotesi farebbe risalire la cassoeula alla tradizione di prepararla in occasione della costruzione delle case, quando l’edificio giungeva al tetto, e il nome sarebbe da attribuire all’attrezzo utilizzato per rimestarla, per l’appunto la “cazzuola” (l’attrezzo proprio dei muratori).
Secondo alcuni, il piatto è legato alla ritualità del culto popolare di Sant’Antonio Abate, festeggiato il 17 gennaio, data che segnava, un tempo, in Lombardia, la fine del periodo delle macellazioni dei maiali. I tagli di carne utilizzati per la cassoeula erano quelli più economici e avevano lo scopo di insaporire la verza, elemento invernale basilare della cucina contadina lombarda nei secoli scorsi. Per altri, invece, il piatto, di origine barocca, prevedeva l’utilizzo di diversi tipi di carne e che vi sia stata, poi, una successiva semplificazione e riduzione di ingredienti. Ma è anche ritenuto plausibile che i due piatti, la versione “povera” e la versione “ricca”, avessero origine diversa e che, via via, vi sia stata una sorta di convergenza che ha portato, alla fine, al piatto come è attualmente conosciuto.
Nella tradizione culinaria popolare europea si rinvengono piatti con ingredienti simili, come le diverse forme di “Potée” francesi (minestre a base di cavolo e maiale) o la “Choucroute alsaziana”, a sua volta derivata dal “Sauerkraut” tedesco (entrambi i piatti sono basati su crauti e carne di maiale e sono preparati però con ingredienti già passati da un procedimento di conservazione). Altro piatto della tradizione tedesca è il “Kasseler” (“càssola” nella pronuncia tedesca), consistente in tagli di maiale affumicato servito con un contorno di cavolo verza
Una ulteriore leggenda vuole infine che la cassoeula sia da far risalire ad un soldato spagnolo che invaghitosi di una giovane donna milanese, cuoca di una famiglia nobile, le abbia insegnato la ricetta e che in seguito la giovane abbia proposto con successo il piatto alla famiglia presso cui prestava servizio.
Ma, comunque siano andate le cose, ritorniamo ora ai tempi attuali e diciamo pure che una buona cassoeula non si può rifiutare, soprattutto in questi periodi di temperatura polare … “semel in anno licet insanire” !