L’erba del vicino è sempre più verde, recita un vecchio andante, e così sembra che la pensino la stragrande maggioranza dei cittadini italiani. Forse, a volte, bendandosi volutamente gli occhi e turandosi pure le orecchie, per non guardare la realtà delle cose nella loro vera luce e per non sentire le ragioni degli altri.
Una vera e propria guerra tra poveri, quella che si sta combattendo nel nostro Paese negli ultimi tempi e nessuno s’accorge che si sta facendo il gioco di una classe politica che “predica bene e continua a razzolare male”.
Privilegi, da ogni parte e per tutti, nessuno escluso!
Dalle “ostriche e champagne” per taluni, alle “case popolari, pensioni di invalidità e tanto ancora” per altri.
E, allora, via alla caccia dei privilegiati di turno: oggi tocca ai politici, domani ai sindacalisti, dopodomani agli impiegati statali, e poi ai pensionati baby, e poi ancora ai falsi invalidi, e dopo ai pensionati d’oro, e così via all’infinito.
E’ forse giunta l’ora di dare un taglio netto al sistema e di pensare veramente al bene del Paese e dei suoi cittadini, cominciando da una riforma ragionata della nostra Carta Costituzionale, che punti soprattutto sullo snellimento e l’efficientamento della compagine politica oltre che sul contenimento dei costi relativi.
Una Camera dei Deputati più contenuta nel numero dei suoi membri da eleggere con sistema maggioritario a doppio turno (adeguando in tal senso la legge elettorale) ed un Senato formato esclusivamente da membri già eletti nelle Regioni che andranno così a rappresentare in Parlamento e dei comuni maggiormente rappresentativi, con competenze diversificate, per snellire l’iter legislativo che oggi impone il passaggio obbligatorio in entrambi i rami del Parlamento. Ripensare seriamente ad una forma di governo che ci avvicini ai paesi occidentali più evoluti, senza preclusioni anche verso ipotesi di Repubblica Presidenziale (all’americana) o Semipresidenziale (alla francese). Di ciascun politico, ad ogni livello, dovrà essere pubblico il proprio curriculum vitae e il proprio patrimonio.
Abolizione delle Province e formazione delle Città Metropolitane, prevedendo forme di consorzializzazione di Comuni di piccole dimensioni al fine di creare sinergie in termini di gestione.
Un taglio alle Società comunque partecipate dallo Stato e dagli Enti Pubblici, aprendo completamente al mercato e alla concorrenza.
Azzeramento delle consulenze esterne, con il precipuo obbligo di ricorrere agli uffici interni ovvero agli Organismi statali preposti.
I Partiti politici e i Sindacati dovranno assumere connotazioni proprie delle Società, nel pieno rispetto della regolamentazione che ne regola la costituzione, la gestione e la cessazione, con bilanci trasparenti e innanzitutto pubblici.
Eliminazione del finanziamento pubblico dei Partiti, con forme di contribuzioni volontarie da parte dei privati, debitamente documentate.
Eliminazione delle trattenute sindacali sullo stipendio, con forme di contribuzioni volontarie da parte degli iscritti, debitamente documentate.
Costi standard per gli acquisti e gli approvvigionamenti dello Stato, tanto in sede centrale che nelle sedi territoriali.
Flotta aerea e parco autovetture riproporzionati alle reali ed effettive esigenze istituzionali.
Emolumenti dei politici correlati alla media dei valori europei.
E, questo, solo per iniziare, poiché gli interventi dovranno necessariamente toccare anche altri comparti dello Stato, ove vige una pregiudiziale chiusura a qualsiasi forma di cambiamento.
Una per tutte, la Giustizia. Lo sdoppiamento della Magistratura requirente dalla Magistratura giudicante e la responsabilità dei Magistrati rappresentano temi ineludibili.
Non credo, personalmente, che con le urla e con i proclami senza costrutto si possano cambiare le cose.
Lo scrittore Francesco Alberoni sostiene che “tutti hanno privilegi da conservare, interessi da difendere, denaro da chiedere, e sebbene tutti invochino drastiche riforme, nessuno accetta di rinunciare a qualcosa di ciò che ha già”[1]
Il “do ut des” continua ad intrecciare la politica e le amministrazioni pubbliche con l’imprenditoria privata (o finta tale), generando clientele e collusioni che influenzano negativamente l’economia e la società stessa nei suoi ideali più profondi.
Altro pregiudizio è rappresentato dalla disparità di approccio tra i partecipanti al mercato, anche solo nelle richieste di sussidi o aiuti da parte di associazioni di categoria o gruppi di interesse, nel mentre taluni altri soggetti stentano ad ottenere prestiti, aree o semplicemente spazi per la vendita al dettaglio.
Ma sopravvive anche il familismo, inteso come particolare rapporto fra famiglia, società civile e Stato, nel cui quadro i valori e gli interessi della famiglia sono contrapposti agli altri momenti principali della convivenza umana, dando vita ad altrettanti squilibri nelle diverse realtà, che possono spaziare dalle Università e dal mondo della cultura in generale, alla sanità, alla politica, all’imprenditoria, al sistema economico e finanziario ed altro ancora.
Condizioni, tutte queste, che prestano poi il fianco all’insorgere e al consolidamento di fenomeni che tutti diciamo, spesso solo a chiacchiere, di voler combattere, quali la mafia, la camorra, la ndrangheta, la sacra corona unita e chi più ne ha più ne metta.
L’attuale Governo Letta delle c.d. larghe intese riuscirà a traghettarci verso l’auspicata Terza Repubblica oppure dovremo continuare a sentir parlare ancora di privilegi duri a morire, tra proclami, falsi profeti e senza nulla di fatto?
[1] Francesco Alberoni, “La giostra del privilegio ci rovinerà. In Italia tutti cercano di far prevalere il loro potere di blocco e di ricatto”, Il Giornale di lunedi 18/11/2013, prima pagina.