Ho il piacere di ospitare sul mio Sito/Blog www.paginedipoggio.com un nuovo articolo che l’amica Antonietta Zangardi ha scritto in occasione della presentazione del libro di don Luca De Rosa, parroco di Poggio Imperiale.
Questo, il titolo del libro:
De Rosa Luca
DALLA TEOLOGIA DELLA CREAZIONE
ALL’ANTROPOLOGIA DELLA BELLEZZA
Il linguaggio simbolico chiave interpretativa
del pensiero di san Bonaventura da Bagnoregio
Cittadella
Data di pubblicazione: marzo 2011
EAN: 9788830811272
E colgo l’occasione per formulare a don Luca le più vive congratulazioni per la pubblicazione di questa sua opera letteraria.
Buona lettura!
« Il 2 ottobre 2012 nella palestra comunale di Poggio Imperiale è stato presentato il libro del parroco don Luca De Rosa, “Dalla teologia della creazione all’antropologia della bellezza” il linguaggio simbolico chiave interpretativa del pensiero d San Bonaventura da Bagnoregio.
Un pubblico attento ed interessato ha seguito le esposizioni dei relatori, la prof.ssa Concetta Pacentra , docente di Filosofia, coordinatrice della serata, il prof. Michele Illiceto, docente di Filosofia e don Francesco Armenti, scrittore e giornalista.
San Bonaventura ed il suo umanesimo cristiano sono attualissimi.
Si hanno troppi preconcetti sul Medioevo e ci sono tanti luoghi comuni da sfatare, ma leggendo il libro di don Luca ed addentrandoci nel pensiero di San Bonaventura scopriamo come possa essere inserito a pieno titolo nel contesto storico in cui viviamo.
Ciascuno di noi è uscito dall’amore eterno e creativo di Dio e a Lui si dovrà tornare aderendo al Suo Mistero, un exitus ed un reditus , un’origine ed ritorno che dovrebbe farci pensare di essere imago Dei , pertanto attraverso Cristo dovremmo ritrovare la forza di ricercare la nostra origine, il senso della nostra esistenza e il nostro fine che è in Dio.
L’uomo, aperto all’infinito, sperimenta nella vita terrena un tendere continuo che nasce con la creazione a immagine di Dio. L’Assoluto è il fine, perché è l’origine.
Il concetto di “grazia” è ben presentato dall’autore perché in esso si compie la similitudine dell’uomo in Dio, che riunifica l’atto creativo e quello redentivo nello stesso Suo progetto salvifico.
In San Bonaventura non v’è dualismo e divisione in due mondi separati, corpo e anima, mondo materiale naturale e quello spirituale intellettuale, ma ogni uomo, pur vivendo nella natura, non si limita né si chiude in quest’unica dimensione. Emerge, quindi in sé con forza un desiderio di andare oltre il mondo, un bisogno, cioè di trascendersi e, con la grazia divina, di raggiungere lo status termini dell’eternità di Dio. La sete d’infinito che è in noi si placa solo in Dio.
Continui sono nella pubblicazione i riferimenti e le comparazioni con Sant’Agostino; anch’egli affermava che cercava Dio fuori di sé mentre Egli era dentro di lui.
Siamo nel mondo, ma non apparteniamo ad esso, viviamo nel tempo ma siamo protesi verso l’eterno, perché come immagine di Dio, portiamo in noi il sigillo di Dio. In questo si manifesta la nostra libertà: tendere a vivere la spiritualità senza farci condizionare dalla materia.
Chi è l’uomo libero? In che cosa consiste la libertà? Sono domande che sempre attanagliano l’uomo. Questi ricerca Dio come un pellegrino, un povero che cammina nel deserto, ma che sceglie la libertà, la vera libertà, che per San Bonaventura è rispondere alla chiamata di Dio, che è in noi sin dall’origine. La libertà dell’uomo è autentica quando risponde al progetto divino.
Tutti i beni del mondo sono per loro natura buoni, ma è l’uomo che deve decidere per quei beni che devono permettergli di raggiungere il fine supremo che è Dio. Finché l’uomo vive nel mondo, la sua libertà è sempre tentata dal peccato.
Le due facoltà, intellettiva ed affettiva, ragione e volontà costituiscono per l’uomo la partecipazione al mondo spirituale e a quello materiale che hanno in lui la loro unificazione. Questo concetto è stato ben attualizzato dal prof. Illiceto perché l’anima si mostra a immagine di Dio costituendo la base della dignità della persona. Per San Bonaventura il libero arbitrio è il fondamento della fede.
Altro tema di riflessione sulla pubblicazione è la conoscenza.
Scientia e sapientia sono le due possibilità di conoscenza dell’uomo. L’una riferita alla conoscenza umana e l’altra si colloca oltre la dimensione terrena, perché l’oggetto è Dio. Il vero sapere non può limitarsi solo alla scienza, perché risulterebbe limitante ed insufficiente, rispetto “all’anelito del cuore umano nella tensione verso l’infinito e l’assoluto”.
Ricercare la verità che è in noi, significa mettersi in ascolto e capire che solo Dio è l’unico che può dare risposte a quella sete di infinito che abbiamo dentro di noi. L’uomo centro dell’universo si distingue dagli altri esseri che abitano il nostro mondo per il sapere, che è conoscenza ed amore.
Il mondo soprannaturale è in continuità con quello naturale e San Bonaventura riconosce nell’uomo la capacità di vivere secondo un suo libero progetto in risposta all’iniziativa gratuita di Dio, che non contrasta con la libertà umana, ma aiuta a realizzare le più alte ispirazioni dello spirito umano.
Il peccato rompe quel rapporto di equilibrio che l’uomo aveva con il suo corpo e con il mondo, ma la redenzione operata da Cristo restituisce all’uomo la funzione di guida e di responsabilità nei confronti del mondo, affidatagli da Dio all’atto della creazione.
Punto centrale del libro è: l’idea della bellezza, nella quale confluiscono filosofia, teologia e mistica.
Possiamo notare come il simbolismo di San Bonaventura si riferisca a tre temi fondamentali: il sole è la Trinità, la luna è la chiesa e la stella è l’anima. Quando il credente vive in una unione profonda con Dio è necessaria la contemplazione.
Ecco la parte più attuale del pensiero bonaventuriano quando parla dell’uomo contemplativo che vive la mira pulchritudo.
L’uomo contemplativo
-stabilisce un rapporto di gioia con Dio, con sé stesso e con il prossimo;
-coglie la bellezza del creato nel suo ordine e nella sua armonia;
-sperimenta un senso di pace e di serenità interiore;
-sopporta le avversità;
-perdona le offese ricevute;
-vive nella pace con tutti;
-gioisce nella sobrietà e nella castità;
-vive una vera maturità umana;
-possiede un profondo senso dell’equilibrio;
-prende decisioni in maniera ponderata;
-giudica con giustizia ed animo retto;
-nel conversare con gli altri mostra gentilezza, discrezione e carità;
-possiede grande umiltà dovuta all’armonia raggiunta con Dio e con sé stesso.
Difficilissimo per l’uomo di oggi aspirare al possesso di tutte queste qualità, perché la possibilità di peccare è sempre in agguato.
Ecco perché l’uomo riconosce con umiltà il bisogno costante dell’aiuto divino. Abbiamo bisogno di fermarci e riflettere per evitare l’abuso della libertà, recuperando il valore della trascendenza. In un mondo secolarizzato non riusciamo più a capire che tutto è guidato dal Signore della storia che è Dio.
Il vero cristiano deve sapersi identificare con l’uomo contemplativo e tutta la comunità cristiana deve farsi guidare dalla carità, per la quale, secondo San Bonaventura, “ … gli altri non sono mai ridotti e considerati come ostacoli e come rivali, ma sempre come persone umane, che, aprendosi al Tu assoluto, formano comunità umane autentiche, caratterizzate dall’amore per l’altro e la solidarietà fraterna”.
Occorre, quindi superare a tutti i costi la categoria dell’antagonismo, perché il vero cristiano è l’uomo dell’incontro, della concordia, della pace e dell’armonia.
La teologia bonaventuriana ci propone un umanesimo integrale ed interpersonale sul quale riflettere per cambiare rotta alla nostra esistenza. Credo che tali riflessioni possono senz’altro servirci, per riacquistare una visione positiva del mondo, come dono dell’amore di Dio per noi, per allontanarci dai peccati tutti moderni e sempre in agguato, dal desiderio di sopraffazione dell’altro, dall’arrivismo, dal presenzialismo vano e dannoso, dal latrocinio, dalla cupidigia, dall’avidità, dalla pirateria informatica, dalla falsa testimonianza. In fondo basterebbe ogni tanto andare a rivederci i Comandamenti della Legge di Dio e fare vera penitenza, divenendo uomini religiosi mossi dal rispetto per le cose del creato e per i nostri fratelli ».
di Antonietta Zangardi
Il presente articolo è pubblicato anche su www.gazzettaweb.net