La “Sindone” è nuovamente visibile dal 10 aprile al 23 maggio 2010, a dieci anni di distanza dall’ultima apertura della “teca” che la contiene nel Duomo di Torino.
Tanti i visitatori, i pellegrini o solamente curiosi giunti da ogni parte del mondo.
Ed è singolare osservare così tanta gente che, in silenzio, avanza pian piano in una lunga fila, anche di qualche ora, per giungere al cospetto del “sacro lino”.
Anch’io ci sono ritornato con mia moglie, per rivedere ancora una volta a distanza di dieci anni, e forse con uno spirito diverso, quel telo che potrebbe veramente aver avvolto il corpo del Cristo morto e deposto dalla Croce oltre duemila anni fa.
Ma si tratta di un “reperto” autentico?
Le perizie eseguite sul tessuto, sul sangue, sui pollini e sulle più svariate tracce presenti, secondo lo studioso della “Sindone” per eccellenza, il Prof. Pierluigi Baima Bollone, «sono tutte prove che depongono a favore di un esito che designa il reperto come un lenzuolo funerario riferibile all’epoca di Gesù e quindi riconducibile all’area dei monti della Giudea di circa duemila anni fa».
«Il Lenzuolo – asserisce lo studioso – non è un falso, come alcuni hanno pensato, perché un falsario tanto abile da riprodurlo non esiste».
Il Prof. Pierluigi Baima Bollone, ordinario di Medicina Legale all’Università di Torino e autore di 120 pubblicazioni scientifiche e 15 libri di notevole diffusione su vari argomenti legati alla medicina legale e alla criminologia. Baima Bollone, che si autodefinisce “l’ultimo epigono di Lombroso”, ha presentato il suo più recente libro «Sindone e scienza all’inizio del 3° millennio» (ed. La Stampa) in cui ha affrontato l’annoso problema dell’autenticità del “sacro lino”.
Qual è la posizione della Chiesa in proposito?
Le discussioni sull’autenticità del telo, cioè sulla corrispondenza dell’uomo di cui è impressa l’immagine e il Cristo, sono fonte di continui confronti tra studiosi e credenti.
Ufficialmente la Santa Sede (che ne è proprietaria dal 1983; in precedenza apparteneva alla Casa Savoia) è molto prudente e tuttora, sul sito curato dalla diocesi di Torino, la Sindone viene definita «un lenzuolo di lino sul quale è impressa la figura del cadavere di un uomo torturato e crocifisso».
Il 21 aprile 1988 da una zona marginale della Sindone vennero prelevati tre campioni di tessuto per essere sottoposti alla datazione con il metodo del radiocarbonio.
Il successivo 13 ottobre, in un’affollata conferenza stampa, il Card. Anastasio Ballestrero, Arcivescovo di Torino e Custode Pontificio della Sacra Sindone, annunciò i risultati ottenuti dai tre laboratori incaricati dell’esame (Oxford, Zurigo e Tucson-U.S.A.), risultati che assegnavano al tessuto della “Sindone” un’età compresa nell’intervallo 1260-1390 dopo Cristo.
Gli anni successivi furono caratterizzati da vivaci polemiche e da un ampio e articolato dibattito tra gli studiosi sulla correttezza dell’operazione di datazione e del relativo risultato, sulla sua inconciliabilità con i molteplici risultati ottenuti in altri campi di ricerca e, in particolare, sull’attendibilità dell’uso del metodo del radiocarbonio.
Ora, dal Papa Benedetto XVI, in visita a Torino nei giorni scorsi, in occasione dell’ostensione 2010 della “Sindone”, è arrivata un’affermazione molto precisa.
Il Papa definisce la “Sindone” un’icona e non una reliquia.
Questo sta a significare che non vede la “Sindone” come un resto corporeo, ma come un’immagine.
«Reliquia», dal latino “reliquus”, resto, residuo, è quel che rimane di un corpo umano o di parte di esso, anche se, in senso lato, la tradizione cattolica così chiamò anche gli oggetti che furono a contatto di una persona.
«Icona», invece, dal greco “eikón”, ci porta al significato di immagine.
“Nel celebre lenzuolo il Papa vede riflessa la vicenda di Cristo; anzi il telo permette di osservare, come specchiati, i nostri patimenti nelle sue sofferenze. Sono state così lasciate in un canto le diatribe sulla datazione” (Armando Torno, Corriere della Sera, 3 maggio 2010).
E’ come dire di smettere di domandarsi se la “Sindone” di Torino sia veramente stata il lenzuolo che ha avvolto Gesù, perché il suo significato educativo è comunque molto grande.
Questo non risolve sicuramente il giallo più affascinante dell’archeologia cristiana, ma offre una chiave interpretativa più ampia e meno tecnica.
E, in verità, è proprio così: nel corso della visita alla “Sindone”, l’atmosfera che ti circonda è tale che, in quei frangenti, forse non è molto importante che il “reperto” sia o meno autentico, cioè che l’immagine impressa sul telo corrisponda a quella del Cristo, poiché il suo valore simbolico suscita un grande impatto suggestivo nell’immaginario della gente.
Le persone in fila ad attendere di poter stare pochi minuti davanti al “lino” sono diverse le une dalle altre, giovani e anziane di status differenti, e fra di loro forse anche la presenza di non credenti, eppure tutte devotamente e umilmente commosse.