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Giu

“Le Meraviglie del Tesoro di San Gennaro, le Pietre della Devozione”

Il Tesoro di San Gennaro in mostra a Napoli.

E’ il più prezioso del mondo.

Ho visitato con mia moglie nei giorni scorsi a Napoli una mostra davvero speciale; le opere più prestigiose del leggendario Tesoro di San Gennaro esposte al pubblico per la prima volta nella storia.

Si tratta dei gioielli più preziosi donati al Patrono di Napoli nell’arco di ben sette secoli.

Il Tesoro di San Gennaro è tra i più importanti al mondo per valore artistico ed economico e di gran lunga superiore al Tesoro della Corona d’Inghilterra e a quello dello Zar di Russia.

Questa è la clamorosa “certificazione” di un’équipe di gemmologi e storici che hanno indagato per quasi tre anni sulle opere e le singole pietre (diamanti, rubini, smeraldi, zaffiri, perle).

La Mostra “Le Meraviglie del Tesoro di San Gennaro, le Pietre della Devozione”, organizzata dal Museo del Tesoro di San Gennaro con la collaborazione della Soprintendenza Speciale per il Patrimonio Storico, Artistico, Etnoantropologico e per il Polo Museale della città di Napoli e con l’alto Patronato del Presidente della Repubblica e della Presidenza del Senato, è in corso a Napoli, nella splendida cornice di sei differenti strutture museali nel centro storico della città, da via Toledo al Duomo (il “miglio d’oro”), dal 9 aprile al 12 giugno.

E’ possibile ammirare 150 opere (tra cui i dieci favolosi gioielli, esposti nelle sale del Museo del Tesoro di San Gennaro), le preziose tele di Luca Giordano (Museo Diocesano) e luoghi dall’immenso valore artistico riaperti per l’occasione, come il Complesso Monumentale dei Girolamini e l’antica Porta del Duomo.

– 21.620 opere, tra capolavori in argento, legno, oro, madreperla tessuti preziosi e quadri;

– la collana del seicento più ricca e preziosa del mondo: 13 maglie in oro massiccio, 700 diamanti, 276 rubini, 92 smeraldi;

– l’oggetto più prezioso: la Mitra del settecento con 3964 pietre preziose (diamanti, rubini e smeraldi);

– la più importante e intatta collezione d’argento al mondo dal 1305 ad oggi con 54 statue d’argento massiccio;

Questo è il leggendario Tesoro di San Gennaro, una parte del quale si conserva nella Cappella di San Gennaro e nell’attiguo Museo, mentre i pezzi più importanti e preziosi vengono custoditi nel caveau del Banco di Napoli in via Toledo, al sicuro ma non visibili al pubblico.

Ecco dunque la grande novità di questo eccezionale evento: 150 pezzi del tesoro – compresi i «pezzi forti», quelli sempre chiusi nel caveau – sono stati messi in mostra in diverse sedi della città, dalla Cappella al Museo di San Gennaro, dal Museo Diocesano all’Archivio Storico del Banco di Napoli, passando per i Girolamini.

Sette secoli di donazioni di papi, imperatori, re, sovrani, uomini illustri e persone comuni, che hanno costituito nel tempo uno dei più importanti e ricchi tesori universali dell’arte al mondo.

Per merito dell’antichissima istituzione della Deputazione della Real Cappella di San Gennaro, nata per un voto della città nel 1527, il tesoro è intatto non avendo mai subito spoliazioni, né finanziato guerre, né subito furti e quindi le collezioni sono uniche al mondo.

Lo stesso Napoleone, che ha sempre fatto “man bassa” di capolavori, quando arrivò a Napoli non solo non prelevò nulla, ma regalò a San Gennaro, tramite il cognato Gioacchino Murat, un ostensorio in oro, argento e pietre preziose di superba bellezza e raffinatezza.

Tutte le opere donate, per avere il privilegio di essere considerate meritevoli di far parte del Tesoro di San Gennaro dovevano, però, corrispondere a elevatissime qualità di valore artistico e culturale e dunque essere realizzate dai grandi artigiani del tempo.

E si è così costituito un tesoro composto da straordinari e autentici capolavori firmati dai più noti e importanti artisti della storia universale dell’arte.

Per San Gennaro si contano venticinquemilioni di devoti sparsi in tutto il mondo, una lunghissima storia punteggiata di avvenimenti e vicende spesso in bilico tra devozione e pregiudizio, fede e incredulità, passione e scetticismo. In ogni momento, però, legata a filo doppio alla storia di Napoli fino a una fortissima identificazione tra il Santo protettore e le pulsioni psicologiche di un popolo periodicamente minacciato da catastrofi naturali ed eventi storici. Oggi, San Gennaro è il santo della Chiesa cattolica più famoso e conosciuto nel mondo e non solo per il miracolo della liquefazione del sangue, ma anche e soprattutto perché milioni e milioni di persone dalla fine dell’800 sino agli anni ’60, si sono imbarcate nel porto di Napoli in cerca di fortuna nella tragedia della grande emigrazione italiana. E l’ultima immagine, che questa povera gente aveva negli occhi prima di affrontare il mare aperto, era la statua di San Gennaro alla punta del molo che con la mano si rivolge al Vesuvio per fermare la lava e che invece sembrava benedicesse quella moltitudine di disperati. La stragrande maggioranza di loro non è mai più tornata in patria, tanti hanno sognato da lontano la propria terra, ma ovunque questa gente si sia stabilita nel mondo ha invocato la protezione di quella benedizione, consolidando il culto del Santo protettore di Napoli e trasferendo quella devozione anche ai propri figli, di generazione in generazione. Ancora oggi come allora a New York, Toronto, Rosario, Melbourne, San Paolo, e in altre città del mondo dove si sia stabilita e consolidata una comunità di origine italiana meridionale, ogni anno il 19 settembre, giorno di San Gennaro, si celebra e si festeggia il miracolo che avviene nel Duomo di Napoli con l’antica processione e le strade illuminate a festa. Resta ancora oggi una tenace scia di religiosità popolare a tener vivo il discorso sull’antico patrono, tra fede e religione.

“Per avere una grazia da San Gennaro bisogna parlargli da uomo a uomo”. Così parlò Armandino Girasole, alias Dudù ovvero Nino Manfredi, in quella commedia capolavoro di Dino Risi del 1966, il famoso film “Operazione San Gennaro”. E Dudù, che non aveva alcuna intenzione di mettere le mani sul tesoro del santo come invece avevano in programma i suoi “soci” americani, sapeva bene come trattare col Patrono.

Ma se il santo napoletano dalla gente comune accetta ben volentieri ceri, suppliche e parole – purchè in un rapporto “da uomo a uomo” – re, nobili e principi in sette secoli hanno pensato bene d’ingraziarsi il miracoloso protettore con doni straordinari: ori, gemme, opere d’arte di qualità eccezionale.

E il martire decapitato a Pozzuoli nel IV secolo è finito per diventare, un po’ per fede e tanto per “regale convenienza”, il santo più ricco del mondo, depositario di un patrimonio immane. Una lunga serie di capolavori d’oreficeria grazie ai quali i potenti ritenevano di entrare nelle grazie del santo, o forse, solo come pretesto, per conquistare la benevolenza dei suoi devoti, di quel popolo napoletano a cui San Gennaro “non dice mai no”, come bisbigliava Dudù il simpatico personaggio del film citato. E così doveva pensarla persino il laicissimo Gioacchino Murat, che al patrono donò nel 1808 un ostensorio ornato da putti e festoni con, in alto, un globo stellato con una fascia zodiacale e testine di putti, sormontato da due angeli che reggono un cuore spinato e ancora più su, la custodia per l’ostia circondata da una gloria di angeli tra tralci di vite e nuvole e da una raggiera. Il tutto sormontato da una croce. Il sovrano lo donò come atto di devozione al santo su suggerimento di Napoleone ed è uno dei rari casi in cui Bonaparte, come si è già detto, non abbia saccheggiato, ma donato. L’ostensorio è una delle dieci meraviglie in mostra, ovvero i dieci gioielli più significativi che compongono il tesoro. Come la pisside gemmata in oro, rubini, zaffiri, smeraldi e brillanti donata da Ferdinando II di Borbone nel 1831, o l’ostensorio in oro, pietre preziose, perline e smalti portato qualche anno dopo da Maria Teresa d’Austria in occasione delle sue nozze proprio con Ferdinando II. E ancora, il calice in oro zecchino donato da Papa Pio IX nel 1849 per ringraziare i napoletani dopo essere stato da loro ospitato a causa dei moti mazziniani di Roma. E qualche decennio dopo, nuova dinastia ma rito eguale, ecco la croce episcopale in oro, smeraldi e brillanti che Umberto I e Margherita di Savoia donarono il 23 novembre del 1878 in occasione della prima visita a Napoli dopo la loro assunzione al trono d’Italia. E, su tutte, la collana secentesca commissionata dalla Deputazione della cappella del Tesoro di San Gennaro. Secondo gli esperti è la collana più preziosa al mondo (13 maglie di oro massiccio, 700 settecento diamanti, 276 rubini, 92 smeraldi). Infine la Mitra di argento dorato del 1713, con oltre 3700 rubini, smeraldi e brillanti commissionata dalla Deputazione del Tesoro di San Gennaro e destinata ad ornare il busto (reliquario) del Santo , eseguita in epoca angioina. Il valore dell’opera fu valutato in ventimila ducati raccolti attraverso sottoscrizioni e donativi che coinvolsero il popolo, il clero, gli artigiani, i nobili.

Restaurato e restituito al suo originale splendore anche l’altare maggiore della Cappella di San Gennaro, così come torna e viene messo in esposizione, completamente restaurato, il tronetto del 1305 in oro e argento donato da re Carlo d’Angio’, autentico gioiello gotico, che da sette secoli è portato in processione con le teche del sangue (reliquiario del sangue di San Gennaro) e alla cui cima splende uno degli smeraldi più grandi al mondo.

Si aggiungono all’esposizione anche sei antichissime e preziosissime opere (1400-1700) provenienti dall’Archivio storico del Banco di Napoli che documentano la storia dei rapporti tra la Deputazione di San Gennaro e gli artisti che hanno realizzato i capolavori appartenenti al Tesoro di San Gennaro.

Completamente restaurato pure lo storico busto d’ oro e d’argento di San Gennaro (reliquario del cranio del Santo) tempestato di pietre preziose di manifattura provenzale e donato nel 1305 da re Carlo d’Angiò insieme al “reliquario del sangue”.


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