Un giro nel centro storico di Urbino consente al visitatore di tuffarsi in un clima “rinascimentale”, in un dedalo di strade stradine, in salita e discesa, che offrono allo sguardo affascinanti scorci architettonici di un tempo lontano.
I famosi “torricini” del Palazzo Ducale, la casa natale di Raffaello, Chiese, Palazzi, piazze, monumenti, e che dire dell’antichissima Università, che rappresenta il fulcro della odierna vitalità cittadina.
Tornare a Urbino, ogni tanto, è sempre un piacere ed interessante è anche tornare ad ammirare le inestimabili opere esposte nella Galleria Nazionale nell’interno del Palazzo Ducale.
Quest’ultima volta mi sono particolarmente soffermato ad ammirare, tra le innumerevoli bellezze, uno dei capolavori di Raffaello: “La Muta”.
Il “Ritratto di gentildonna”, noto anche come “La Muta”, è un dipinto a olio su tavola (64×48 cm) di Raffaello Sanzio, databile al 1507 e conservato, per l’appunto, nella Galleria Nazionale delle Marche a Urbino.
Nel famoso dipinto, gli esperti hanno tentato di ravvisare Elisabetta Gonzaga o, più verosimilmente, Giovanna Feltria, sposa di Giovanni Della Rovere o forse anche una gentile donzella fiorentina della famiglia Strozzi.
Non è infatti chiaro se l’opera, databile alla fine del periodo fiorentino dell’artista, provenga da Firenze, commissionato da una famiglia locale (magari rappresentante una Strozzi), o da Urbino, commissionato forse dai Della Rovere (e, chissà, ritraente Elisabetta Gonzaga o Giovanna Feltria).
Di proprietà degli Uffizi di Firenze, venne concessa nel 1927 al museo di Urbino per completare il suo percorso espositivo con almeno un’opera significativa di Raffaello Sanzio, nativo di Urbino e molto attivo anche nella sua città: tutti i dipinti di Raffaello erano infatti finiti a Firenze con l’eredità di Vittoria Della Rovere, nel XVII secolo.
L’opera venne trafugata il 6 febbraio del 1975, insieme alla “Madonna di Senigallia” e alla “Flagellazione di Cristo” di Piero della Francesca: tutte le opere, compresa “La Muta”, vennero poi recuperate dai Carabinieri, a Locarno, lo stesso anno.
“La Muta” è una donna ritratta a mezza figura leggermente di tre quarti, voltata verso sinistra, su uno sfondo scuro uniforme.
L’opera mostra una forte ispirazione leonardesca (Leonardo Da Vinci), con una posa simile a quella della “Gioconda”, ma se ne distacca per una definizione più netta dei lineamenti fisici e dell’abbigliamento.
Originale è il dettaglio della mani appoggiate sul bordo inferiore, come se combaciasse con un ipotetico parapetto, colte in un gesto inquieto, che tradisce l’ispirazione fiamminga.
La determinazione espressiva del personaggio è molto intensa e ne fa uno dei migliori esempi della ritrattistica raffaellesca nel periodo della prima maturità.
Raffaello Sanzio nacque ad Urbino nel 1483 e morì a Roma nel 1520 ed è stato un pittore e architetto tra i più celebri del Rinascimento italiano.
Il suo corpo giace, nientemeno, all’interno del “Pantheon” a Roma e sulla sua tomba è riportato il seguente epitaffio: “Ille hic est Raphael timuit quo sospite vinci, rerum magna parens et moriente mori” (Qui giace Raffaello: da lui, quando visse, la natura temette d’essere vinta, ora che egli è morto, teme di morire). E’ un omaggio di Pietro Bembo alla creatività divina del grande Urbinate.
Urbino, che è un comune italiano di oltre 15.000 abitanti, capoluogo con Pesaro della provincia di Pesaro e Urbino nelle Marche, fu uno dei centri più importanti del Rinascimento italiano, di cui ancora oggi conserva appieno l’eredità architettonica, e dal 1998 il suo “centro storico” è patrimonio dell’umanità UNESCO.
Il territorio comunale si estende prevalentemente in area collinare, sulle ultime propaggini dell’Appennino settentrionale, Appennino tosco-romagnolo, nella zona meridionale del Montefeltro.
L’Università degli studi di Urbino “Carlo Bo” è una delle più antiche d’Italia e vanta una storia cinquecentenaria, che conferisce all’Ateneo un prestigio e un’eredità di tutto rilievo.