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La nazionale di calcio italiana ai quarti di finale!
Una vittoria sofferta contro la nazionale irlandese e finalmente ai quarti di finale.
Così anche la nostra nazionale di calcio potrà proseguire l’avventura europea grazie alle due reti di Cassano e di Balotelli, ma soprattutto grazie alla vittoria della Spagna sulla Croazia.
Una partita, quella di ieri sera, che non ha visto un’Italia al massimo delle sue potenzialità, sebbene abbia conquistato la vittoria necessaria per passare il turno.
Molto più convincenti le prime due partite, con la Spagna e la Croazia, nelle quali i rispettivi pareggi registrati non hanno in effetti premiato la nostra squadra, che ha raccolto meno di quanto meritava.
Ma siamo solo al primo round e la strada è tutta in salita.
Quale sarà la squadra che incontreremo nei quarti di finale domenica 24 giugno a Kiev in Ucraina?
Forse la Francia o l’Ucraina (padrona di casa, poiché i giochi si trasferiscono ora proprio in Ucraina dopo la prima fase svolta in Polonia) oppure l’Inghilterra: dipenderà dai risultati delle partite che si giocheranno nelle prossime ore.
Tanti gli italiani a soffrire davanti alla tv per il match contro l’Irlanda; una sofferenza che si è trasformata in gioia dopo novanta minuti per quasi 20 milioni di persone (per la precisione, 19.776.000 spettatori con uno share del 67.60 ed un picco di 21milioni 200mila spettatori realizzato alle 22.34).
Ma in tutta l’Europa le cose non cambiano, molti sono gli spettatori che seguono gli europei di calcio 2012 di Polonia e Ucraina, sui campi di calcio o attraverso la televisione.
Una voce fuori dal coro, ma soprattutto fuori campo (di calcio):
La gente è tutta presa dalle partite dimenticando per un attimo i gravi problemi politici ed economici che investono l’Italia, l’Europa e non solo … forse è un bene, chissà!
Ai posteri l’ardua sentenza!
RIPALTA CROCEVIA DI CULTURE
Ho il piacere di ospitare nuovamente sul mio Sito/Blog “Paginedipoggio” un interessante articolo della Prof. Antonietta Zangardi di Poggio Imperiale, mia carissima amica d’infanzia, attraverso il quale ci viene offerta l’opportunità di apprezzare un’avvincente e stimolante iniziativa culturale, assunta da qualche anno sul territorio, mirata alla ricerca e allo studio delle radici della nostra popolazione, al fine di accrescere soprattutto nelle giovani generazioni la conoscenza della nostra storia e l’amore per la nostra terra.
Buona lettura!
RIPALTA CROCEVIA DI CULTURE
Grande raduno a Ripalta il 18 maggio per la premiazione di tutti i ragazzi partecipanti al progetto formativo: “Le radici ca tieni” organizzato dal Comitato Festa.
È il terzo anno che il Comitato Festa di Ripalta propone alle scuole secondarie di I grado del territorio un progetto formativo a favore dei ragazzi.
Animato dall’instancabile Franca d’Atri quest’anno sono stati quattro i paesi partecipanti con un totale di 296 ragazzi sul tema “Le radici ca tieni”.
Le scuole coinvolte: L’Istituto Comprensivo di Lesina e di Poggio Imperiale, l’Istituto Comprensivo di S. Paolo Civitate e quello di Serracapriola.
Durante la fase formativa, attraverso la proiezione di un film e l’incontro con gli esperti, i ragazzi delle seconde e terze medie sono stati sensibilizzati sul tema del concorso.
In piccoli gruppi hanno realizzato un elaborato: in tutto sono stati 83 i lavori consegnati consistenti in cartelloni e pannelli illustrati, plastici, poesie, foto, il tutto frutto di studi e di ricerche.
La giuria ha premiato i migliori lavori, esposti nella “Piccola Casa della Pace” in Ripalta e, nella cerimonia di premiazione, a tutti i partecipanti è stato consegnato un CD con i lavori presentati.
Essendo stata tra coloro che hanno attuato il progetto nella scuola di Poggio Imperiale, insieme ad Alfonso Chiaromonte, scrittore di storia del territorio e Fernando Chiaromonte, esperto di tradizioni popolari, ho potuto raccogliere l’entusiasmo e la curiosità dei componenti le tre classi partecipanti al concorso: IIA, IIB e IIIB.
I due giorni dedicati alla presentazione della storia e delle tradizioni popolari sono stati allietati dalla musica del cantore, Michele Saccone che con la sua chitarra ha coinvolto i ragazzi ricordando loro i bei canti dialettali di cui è ricca la nostra cultura.
Gli alunni si sono mostrati molto interessati alle nostre tradizioni ed i lavori presentati sono stati il frutto del coinvolgimento di alcuni professori, i quali, pur non essendo terranovesi, hanno saputo motivare e spronare alla ricerca delle proprie radici, perché, come recita il bellissimo canto salentino da cui è stato tratto il titolo del progetto formativo, Le radici ca tieni:
“ … Se non dimentichi mai le tue radici, rispetti anche quelle dei paesi lontani. Se non scordi mai da dove vieni, dai più valore alla tua cultura … E la vera cultura è saper vivere …”.
Sono stata veramente contenta di aver partecipato a questo progetto e ringrazio Franca d’Atri per avermi coinvolta. Agli alunni auguro di farsi prendere sempre dalla bella malattia della ricerca sulle proprie radici.
Antonietta Zangardi
Docente di materie Letterarie nelle Scuole Sec. di I grado
Nota:
L’articolo è pubblicato anche su “Gazzettaweb.info” http://www.gazzettaweb.net/
A Milano il VII Incontro Mondiale delle Famiglie
Si è tenuto a Milano da mercoledi 30 maggio a domenica 3 giugno l’atteso “VII Incontro Mondiale delle Famiglie”, che ha portato nel capoluogo lombardo oltre un milione di persone con delegazioni da 153 Stati.
La Famiglia: il lavoro e la festa; questo è stato il tema del grande evento, che ha reso necessario attivare un’organizzazione capillare di accoglienza presso le parrocchie ed anche presso alcune famiglie della Arcidiocesi milanese, oltre che di assistenza e di sicurezza con l’impiego di diecimila persone appartenenti alle Forze dell’ordine e volontari.
Ma l’abbraccio e, insieme, il calore delle famiglie cattoliche provenienti da tutto il mondo hanno avuto il loro punto di massima espressione all’arrivo a Milano del Santo Padre Papa Benedetto XVI, venerdi pomeriggio 1° giugno in Piazza Duomo.
Un vero tripudio per il Papa, in quella che è la Diocesi più grande del mondo, continuato per tutta l’intensa tre giorni meneghina, in un bagno di folla durato fino al pomeriggio di domenica 3 giugno, quando è ripartito per Roma.
Milano e i comuni limitrofi interessati, hanno dato prova di grande capacità organizzativa nell’affrontare questo evento speciale, che ha rappresentato una sorta di prova generale dell’EXPO 2015.
Un evento che si è rivelato essere una grande festa collettiva finalizzata a promuovere una riflessione unanime sulla necessità di conciliare le esigenze e i tempi del lavoro con quelli della
famiglia e di recuperare il senso vero della festa.
Per Benedetto XVI l’organizzazione del lavoro di oggi, « pensata e attuata in funzione della concorrenza di mercato e del massimo profitto, e la concezione della festa come occasione di evasione e di consumo », contribuiscono infatti a « disgregare la famiglia e la comunità e a diffondere uno stile di vita individualistico ». Il Papa lo aveva scritto già nel 2010 in una lettera con la quale annunciava le date dell’evento.
La lettera di Papa Benedetto XVI (Da Castel Gandolfo, 23 agosto 2010 – Benedetto XVI)
« A conclusione del VI Incontro Mondiale delle Famiglie, svoltosi a Città del Messico nel gennaio 2009, annunciai che il successivo appuntamento delle famiglie cattoliche del mondo intero con il Successore di Pietro avrebbe avuto luogo a Milano, nel 2012, sul tema “La Famiglia: il lavoro e la festa”.
Desiderando ora avviare la preparazione di tale importante evento, sono lieto di precisare che esso, a Dio piacendo, si svolgerà dal 30 maggio al 3 giugno, e fornire al tempo stesso qualche indicazione più dettagliata riguardo alla tematica e alle modalità di attuazione.
Il lavoro e la festa sono intimamente collegati con la vita delle famiglie: ne condizionano le scelte, influenzano le relazioni tra i coniugi e tra i genitori e i figli, incidono sul rapporto della famiglia con la società e con la Chiesa. La Sacra Scrittura (cfr Gen 1-2) ci dice che famiglia, lavoro e giorno festivo sono doni e benedizioni di Dio per aiutarci a vivere un’esistenza pienamente umana.
L’esperienza quotidiana attesta che lo sviluppo autentico della persona comprende sia la dimensione individuale, familiare e comunitaria, sia le attività e le relazioni funzionali, come pure l’apertura alla speranza e al Bene senza limiti.
Ai nostri giorni, purtroppo, l’organizzazione del lavoro, pensata e attuata in funzione della concorrenza di mercato e del massimo profitto, e la concezione della festa come occasione di evasione e di consumo, contribuiscono a disgregare la famiglia e la comunità e a diffondere uno stile di vita individualistico.
Occorre perciò promuovere una riflessione e un impegno rivolti a conciliare le esigenze e i tempi del lavoro con quelli della famiglia e a ricuperare il senso vero della festa, specialmente della domenica, pasqua settimanale, giorno del Signore e giorno dell’uomo, giorno della famiglia, della comunità e della solidarietà.
Il prossimo Incontro Mondiale delle Famiglie costituisce un’occasione privilegiata per ripensare il lavoro e la festa nella prospettiva di una famiglia unita e aperta alla vita, ben inserita nella società e nella Chiesa, attenta alla qualità delle relazioni oltre che all’economia dello stesso nucleo familiare.
L’evento, per riuscire davvero fruttuoso, non dovrebbe però rimanere isolato, ma collocarsi entro un adeguato percorso di preparazione ecclesiale e culturale.
Auspico pertanto che già nel corso dell’anno 2011, XXX anniversario dell’Esortazione apostolica Familiaris consortio, “magna charta” della pastorale familiare, possa essere intrapreso un valido itinerario con iniziative a livello parrocchiale, diocesano e nazionale, mirate a mettere in luce esperienze di lavoro e di festa nei loro aspetti più veri e positivi, con particolare riguardo all’incidenza sul vissuto concreto delle famiglie.
Famiglie cristiane e comunità ecclesiali di tutto il mondo si sentano perciò interpellate e coinvolte e si pongano sollecitamente in cammino verso “Milano 2012”. Il VII Incontro Mondiale avrà, come i precedenti, una durata di cinque giorni e culminerà il sabato sera con la “Festa delle Testimonianze” e domenica mattina con la Messa solenne.
Queste due celebrazioni, da me presiedute, ci vedranno tutti riuniti come “famiglia di famiglie”. Lo svolgimento complessivo dell’evento sarà curato in modo da armonizzare compiutamente le varie dimensioni: preghiera comunitaria, riflessione teologica e pastorale, momenti di fraternità e di scambio fra le famiglie ospiti con quelle del territorio, risonanza mediatica.
Il Signore ricompensi fin d’ora, con abbondanti favori celesti, l’Arcidiocesi ambrosiana per la generosa disponibilità e l’impegno organizzativo messo al servizio della Chiesa Universale e delle famiglie appartenenti a tante nazioni.
Mentre invoco l’intercessione della santa Famiglia di Nazaret, dedita al lavoro quotidiano e assidua alle celebrazioni festive del suo popolo, imparto di cuore a Lei, venerato Fratello, ed ai Collaboratori la Benedizione Apostolica, che, con speciale affetto, estendo volentieri a tutte le famiglie impegnate nella preparazione del grande Incontro di Milano ».
Venerdi pomeriggio, dunque, in Piazza Duomo il discorso di Benedetto XVI a una folla festante: « La fede animi tutto il tessuto della vita personale e comunitaria », mentre il Sindaco di Milano, Pisapia, affermava: « Famiglia e lavoro sono il nostro ponte » ; poi al Teatro alla Scala, dove l’orchestra diretta dal maestro Daniel Barenboim ha eseguito la nona sinfonia di Beethoven in suo onore ed infine in Duomo per l’Adorazione Eucaristica.
La mattina di sabato incontro di preghiera in Duomo, riservato a sacerdoti, religiosi e religiose prima dell’imponente appuntamento di Papa Ratzinger con i giovanissimi cresimati e cresimandi allo Stadio di San Siro in un’atmosfera di grande allegria e serenità. La sera, infine, il primo incontro generale con le famiglie provenienti da tutto il mondo presso il Parco Nord per la “Veglia delle Testimonianze”.
E domenica mattina, l’immenso, maestoso e imponente raduno di oltre un milione di fedeli per la Santa Messa celebrata dal Papa sempre al Parco Nord.
Al momento della solenne benedizione, Papa Ratzinger ha annunciato che il prossimo Incontro Mondiale delle Famiglie si terrà nel 2015 a Philadelphia negli Stati Uniti d’America.
Nel pomeriggio il Papa è ripartito per Roma.
Quali sono i messaggi che restano dopo l’Incontro di Milano?
Il saluto laico del Sindaco Pisapia e l’auspicio di una «tutela per tutte le realtà familiari”.
Le parole del Papa: « La Milano positivamente laica e la Milano della fede sono chiamate a concorrere al bene comune» ed ancora: «La famiglia va riscoperta come patrimonio principale dell’umanità».
Le parole dell’Arcivescovo, Card. Angelo Scola: «La famiglia è una risorsa sociale da sostenere».
Ancora scosse di terremoto a Milano
La prima forte scossa di terremoto alle nove di questa mattina e la seconda verso la tredici.
Le scosse sono state avvertite in tutto il Nord Italia, dal Trentino alla Toscana.
La magnitudo registrata è stata del 5,8 con epicentro nel Comune di Finale Emilia, nel Modenese, ad una profondita’ intorno ai 10 chilometri.
Il terremoto è stato chiaramente avvertito anche a Milano e relativo hinterland, dove alcuni palazzi, sede prevalentemente di uffici, ed anche alcune scuole, sono stati fatti evacuare per motivi di sicurezza.
Io, personalmente, ho percepito la prima intensa a scossa alle ore 9:01, in casa, al quinto piano del mio stabile di Sesto San Giovanni, confermata peraltro dall’oscillazione dei lampadari, e la seconda alle ore 12:57.
Un po’ di spavento … niente di più!
Il movimento tellurico, che per forza e intensità ricorda quello del 20 maggio scorso, ha provocato ancora crolli, morti, feriti e diversi dispersi sotto le macerie soprattutto nelle zone dell’Emilia tristemente e maggiormente colpite.
A Milano, per fortuna, nulla di tutto questo; per un po’ il traffico è andato in tilt a causa della gente scesa in strada dopo le scosse, che non pare abbiano provocato danni nel capoluogo lombardo: al momento solo tanta paura. Controlli sono comunque in corso alle strutture civili e pubbliche oltre che al patrimonio artistico. Diverse le chiamate al 118 e i mezzi pubblici, inclusa la metropolitana, hanno continuato a funzionare seppure con qualche lieve problema. In particolare, la circolazione dei treni delle tre linee metropolitane è stata interrotta solo per alcuni minuti per consentire le verifiche agli impianti, sulla base delle procedure di sicurezza previste, provocando qualche rallentamento prima di riprendere regolarmente le normali frequenze.
Tuttavia, le forti scosse di terremoto che hanno interessato tutto il Nord Italia hanno avuto ripercussioni sulla circolazione dei treni, con riduzione di velocità a 100 km/h sulle linee ad alta velocità Bologna – Milano e Bologna – Firenze e sulle linee Bologna – Prato e Bologna – Rimini. Inoltre, per consentire le verifiche sulla stabilità delle infrastrutture la circolazione è stata momentaneamente sospesa sulle linee Bologna – Verona, Bologna – Padova, Bologna – Piacenza e Verona – Modena.
E’ tanta l’apprensione per le terribili notizie che giungono dai centri dell’Emilia nuovamente colpiti oggi dalle ultime forti scosse di terremoto. Crollate chiese, scuole, case, patrimonio storico – artistico e capannoni industriali sotto le macerie dei quali hanno perso la vita altri ignari operai.
Le vittime sinora accertate sono 15; sono stati evacuati alcuni ospedali ed allestite tendopoli per l’accoglienza degli sfollati.
La Protezione civile, vigili del fuoco, volontari, forze dell’ordine e semplici cittadini sono mobilitati per fornire il proprio contributo nelle operazioni di soccorso a sostegno delle popolazioni colpite dal sisma.
C’è tanto bisogno di legalità!
Le notizie degli eventi che hanno interessato il nostro Paese nelle ultime ore non sono delle più tranquillizzanti.
L’Italia non è certamente nuova a fatti di sangue, attentati, azioni terroristiche, ma anche a terremoti, alluvioni e disgrazie di diversa natura.
Un ordigno e’ esploso la mattina dello scorso sabato 19 maggio a Brindisi in prossimità dell’istituto professionale “Francesca Laura Morvillo Falcone”, provocando la morte di una ragazza di 16 anni, Melissa Bassi, ed il ferimento di altre sei giovanissime studentesse, di cui una in maniera molto grave.
E un terremoto, le cui prime scosse sono state registrate verso le quattro del mattino di domenica 20 maggio, ha fatto tremare l’Italia settentrionale, provocando gravissimi danni in Emilia, soprattutto nelle province di Modena e Ferrara, con la morte di altre sette inconsapevoli persone.
Oggi, alle 16,30, sono stati celebrati a Mesagne, in provincia di Brindisi i funerali di Melissa, un’ignara ragazza che come tanti suoi coetanei partiva ogni mattina in autobus dal suo paese per raggiungere l’istituto scolastico che frequentava in città, a Brindisi.
Ed è lì, davanti alla sua scuola, che ha trovato la morte, appena scesa dall’autobus.
Una cosa tremenda .. è come sparare sulla Croce Rossa!
Non si era mai visto, a memoria d’uomo, nulla del genere.
E c’è veramente da chiedersi cosa possa mai frullare nella testa di certa gente, capace di scendere a livelli così bassi di considerazione della vita umana, perpetrando un attentato contro inermi ragazze che si stanno semplicemente recando a scuola.
Il clima di partecipazione della gente e dei giovani in particolare alle manifestazioni di legalità, fanno ben sperare per una presa di coscienza collettiva verso una ferma condanna della violenza sotto tutti gli aspetti.
Ma anche per le vittime del terremoto qualche riflessione è doverosa, poiché non possiamo continuare ad inveire contro la malasorte, senza assumere invece le dovute iniziative finalizzate alla tutela e alla messa in sicurezza dell’ambiente e del patrimonio storico-architettonico, che rappresenta peraltro la ricchezza del nostro Paese.
La prevenzione attenta ed oculata, dunque, piuttosto che rimanere impotenti innanzi agli eventi; questa è la chiave di volta per attenuare almeno in parte le tante assurde morti e distruzioni.
Ed anche questo rappresenta un tema di legalità di cui abbiamo tanto bisogno.
Pagine di Poggio si è rifatto il look.
Una nuova veste grafica e un metodo più funzionale e snello di approccio al sistema.
Nessuna modifica invece nei contenuti, che restano sostanzialmente immutati.
«Il re è morto, viva il re»
Erano queste le parole di rito con le quali l’araldo della vecchia monarchia francese annunciava per tre volte al popolo la morte del sovrano e l’avvento al trono del successore a garanzia, mai interrotta, della casa reale.
Beh! … qui in verità non muore proprio nessuno; siamo veramente nel segno della continuità.
Infatti, tutti gli articoli pubblicati in questi quattro anni circa sono stati completamente salvati e riportati nel nuovo Sito/Blog, con possibilità di ricercarli agevolmente per mese/anno.
Al contrario, non è stato purtroppo possibile salvare gli interessanti “commenti” che nel tempo tanti visitatori avevano lasciato nel vecchio Sito/Blog. E di questo sono personalmente molto rammaricato.
Mi auguro di cuore che siano comunque ancora molti i lettori interessati a condividere le emozioni che questo Sito/Blog intende trasmettere.
Tutti i commenti che perverranno saranno sempre ben accetti. Promesso!
Cordialmente
La Juventus vince lo scudetto !
La Juve vince 3-1 con l’Atalanta e chiude imbattuta a quota 84 il suo campionato trionfale.
La squadra di Conte conclude così il campionato imbattuta.
Ma la partita della festa scudetto, allo “Juventus Stadium” di Torino, ha rappresentato oggi anche l’addio del popolo juventino al suo capitano e simbolo Alessandro Del Piero, che ha giocato forse l’ultima partita da bianconero in uno stadio di Torino, segnando peraltro il suo 289° goal.
C’è da augurarsi, comunque, che l’ultima uscita in assoluto arrivi nell’imminente finale di Coppa Italia, col Napoli.
Due record: in totale Del Piero ha segnato per 289 volte in 704 partite con la Juve.
Sostituito all’ inizio della ripresa, Del Piero ha fatto il giro di campo, quasi a salutare uno per uno i suoi tifosi, che in coro gli hanno risposto: “Grazie di tutto”.
“E’ stato un anno straordinario, la Juventus ha dimostrato di essere forte come squadra. Ha vinto il collettivo, sono stati tutti formidabili, dall’allenatore al presidente. La Juve ha dimostrato che si vince non con tante individualità forti ma se il collettivo è forte”.
John Elkann, presente allo “Juventus Stadium” per l’ultima gara di campionato, ha commentato così la stagione della “Vecchia Signora” culminata con la conquista dello scudetto nel primo anno dell’era Conte.
La premiazione
La premiazione della Juventus Campione d’Italia è avvenuta sul terreno di gioco dello “Juventus Stadium” di Torino al termine della gara Juventus-Atalanta.
Lo scudetto, come simbolo della vittoria del Campionato di Serie A, è un’esclusiva italiana e ha una storia piuttosto antica. L’invenzione del piccolo stemma è, infatti, riconducibile al genio di Gabriele D’Annunzio, che volle apporre uno scudo tricolore sulla divisa di una selezione del comando militare italiano in occasione di un’amichevole. Nel 1924 venne deciso che la squadra prima classificata apponesse sulla maglia, nella stagione successiva, uno scudetto con i colori della bandiera italiana, rappresentativo dell’unità nazionale a livello calcistico.
La Coppa di Campione d’Italia, invece, fu ideata nel 1960 da Ettore Calvelli (1912-1997), medaglista e scultore di consolidata fama internazionale. Ha un’altezza di circa cm. 45 ed un peso di circa kg. 5, poggia su un basamento in pietra dura blu sodalite e reca al centro una ghiera in oro raffigurante un’allegoria di atleti. Il trofeo porta, inoltre, incisi, sulla base dorata, i nomi di tutte le squadre che hanno vinto il campionato a partire dalla stagione 1960-61.
Per la Juventus, quello appena conquistato è il trentesimo Campionato di serie A vinto in campo, ma solo il ventottesimo ufficialmente riconosciuto.
C’è ancora molta polemica sulla questione e i dissapori tra le diverse tifoserie non si sono a tutt’oggi completamente placati.
Trenta o ventotto
chissà
ai posteri l’ardua sentenza!
Majcino selo (Villaggio della Madre) a Medjugorje in Bosnia – Erzegovina
Nei giorni scorsi, io e mia moglie abbiamo avuto l’opportunità di visitare, in occasione di un nostro viaggio in Bosnia- Erzegovina, anche il “Villaggio della Madre” (“Majcino selo” in lingua locale).
Giunti all’aeroporto di Mostar con una sola ora di volo da Bergamo-Orio al Serio, dopo aver sorvolato le bellissime coste della ex Jugoslavia, ci si immerge subito in quelli che furono gli scenari dell’ultima guerra fratricida del dopo Tito, che provocò distruzione e tanti morti.
E fu proprio al tempo della guerra civile in Bosnia-Erzegovina (1991-1995), che Padre Slavko Barbaric diede vita al progetto “Majcino selo – Villaggio della Madre”.
L’idea originaria di Padre Slavko era quella di costruire un villaggio per i bambini orfani di guerra, a pochi chilometri dalla cittadina di Medjugorje, la località famosa nel mondo per le apparizioni mariane di questi ultimi trent’anni.
(Medjugorje: la chiesa)
A quei tempi riuscì a destare l’entusiasmo di molti per questa idea e le prime case furono subito solennemente inaugurate e aperte, in una zona impervia, arida e rocciosa, in parte utilizzata come discarica, divenuta poi un’accogliente oasi di verde.
La lungimiranza di Padre Slavko prefigurò nel suo ambizioso progetto anche l’educazione e il futuro della vita di questi orfani, tanto che oggi essi sono pienamente integrati nella vita del villaggio.
Nella zona del villaggio furono aperti un asilo e un ambulatorio a cui hanno accesso tutte le persone della zona di Medjugorje. Capita così che, a volte, i bambini di Medjugorje frequentano l’asilo insieme ai bambini che sono accolti nel villaggio.
(Medjugorje: la collina delle apparizioni, il “Podbrdo”)
Con gli anni i problemi dei bisognosi sono un po’ cambiati. Nel Villaggio della Madre, come già il nome fa capire, si può avvertire la presenza della mamma, che in questo caso è riferita in primo luogo alla Madonna. Molte persone ricevono un rapido aiuto e il villaggio si è ulteriormente sviluppato, così che è divenuto un’istituzione ben funzionante, guidata dai Padri della Provincia Francescana dell’Erzegovina.
Attualmente incaricato della guida del Villaggio della Madre è Padre Svetozar Kraljevic, secondo il quale “Il Villaggio della Madre desidera dare agli eventi tristi della vita un lieto fine, e trasformare la sfortuna in opportunità”.
Il Villaggio della Madre è il frutto del grande lavoro tracciato e iniziato da Padre Slavko sulla cui scia e nella memoria del quale si va concretizzando e sviluppando. La finalità è quella di poter garantire aiuto alle persone che cercano rifugio, aiutandole a non sentirsi abbandonate e svantaggiate ed offrendo loro tutto quello di cui hanno bisogno per una vita normale, onde rendere possibile per queste persone una vita in cui si sentano bene e siano felici. E, coerentemente con quanto aveva prefigurato Padre Slavko per questo progetto, il Villaggio della Madre ha rappresentato un grande passo profetico; il primo e il più difficile, perché si sono dovute abbattere alcune barriere intellettuali, prima di poter prendere avvio nella sua dimensione.
(Ingresso “Majcino selo – Villaggio della Madre”)
La comunità si preoccupa in modo particolare di annunciare agli uomini il Vangelo, con l’aiuto dei messaggi dalla Madonna tramite i veggenti di Medjugorje.
Dal messaggio del 25.07.1996: “Nella semplicità, ognuno di voi diventerà simile ad un bambino, che è aperto all’amore del Padre” .
Padre Slavko ha affidato alla comunità qualcosa di più, e cioè la preoccupazione per i poveri, per gli abbandonati, per coloro che devono ancora nascere, per quelli che sono feriti dal peccato. E in questo modo ha abbracciato l’essere umano nella sua totalità, così come la Chiesa si è sempre preoccupata dell’uomo nella sua totalità. Questo significa dar da mangiare agli affamati, da bere agli assetati e annunciare il Vangelo ai poveri. Proprio quello che accade qui. Qui il Vangelo viene annunciato a tutto il mondo. Il figlio più gravemente ferito trova qui benedizione e protezione.
A proposito di questo progetto, Padre Slavko pensava che dovesse essere una famiglia in cui ci fossero bambini, anziani, padri e madri. La comunità stessa, in questo progetto, è rappresentata al meglio attraverso i bambini. Infatti sono 170 quelli che frequentano l’asilo e, fra di essi, ci sono anche bambini che per diverse circostanze hanno vissuto la disgregazione della loro famiglia. C’è una famiglia con otto figli e una madre. Questa donna ha avuto diverse gravidanze gemellari e il bambino più grande ha solo otto anni. Il padre si è gravemente ammalato ed erano senza casa. Un’altra famiglia era disperata ed è stato deciso di accoglierla nel Villaggio della Madre che ora si occupa di loro. Ancora, un’altra famiglia di cinque bambini senza padre e senza madre ed alcune ulteriori famiglie con due o tre figli. Inoltre, vengono accolte anche ragazze madri con bambini, e donne e ragazze che hanno problemi in famiglia.
Alloggiano infine 16 giovani che hanno avuto problemi con la droga e che hanno ricominciato a vivere una vita normale. In alcune persone, dopo la dipendenza dalla droga, rimane un grande vuoto. Questo vuoto è un momento critico e perciò viene consigliato loro di restare nel villaggio per almeno un anno nel corso del quale lavorano con entusiasmo e portano a termine tutto quello che viene loro assegnato. Riescono a colmare il vuoto lasciato dalla droga con lavori ricchi di significato. Oltre al lavoro, ogni giorno recitano tutti insieme il Rosario. Questa comunità nel Villaggio della Madre si chiama “Comunità del Padre misericordioso”.
Qui si verificano miracoli ogni giorno, nel senso che le persone diventano migliori; è ciò rappresenta un qualcosa che va al di là del pur prezioso intervento degli operatori, delle suore e dei frati. Davvero un’ istituzione di grande importanza, grazie a Dio e a Padre Slavko per averla concepita così.
(Interno del “Majcino selo – Villaggio della Madre”; statua a memoria di Padre Slavko Barbaric)
In questo progetto, sono sicuramente coinvolti anche i pellegrini e tutti coloro che hanno a cuore iniziative meritorie come questa, i quali vi contribuiscono con il loro aiuto affinché sia possibile portare avanti un’opera buona di tale livello.
Qualche informazione su Mostar
Mostar trasmette i sapori e i profumi di una terra magica, che porta le cicatrici di un passato doloroso ma avanza a testa alta verso il futuro, fiera di raccontare le sue origini e le sue passioni. Situata lungo le rive del fiume Neretva (che a buona ragione può essere considerato il loro “Piave”), Mostar è la quarta città del paese; a fondarla furono i turchi ottomani nel XV secolo e, nel 1878, venne annessa all’impero austro-ungarico. Negli anni Novanta del secolo scorso la città visse un periodo di guerra particolarmente duro, ma a partire dal 1995 un’attenta opera di ricostruzione ha riportato il centro all’antico splendore, medicando le ferite lasciate dai bombardamenti.Dopo la rinascita, E’ stata dichiarata dall’UNESCO Patrimonio dell’Umanità, per l’intensità della sua storia e per il pregio delle sue architetture, che simboleggiano il dolore e la ritrovata pace. Il cuore antico della città è di per sé un capolavoro artistico, tutto raccolto sui due lati del celebre Stari Most, il Ponte Vecchio che connette una parte della città all’altra. Camminando sopra il corso della Neretva i visitatori possono abbracciare in un colpo d’occhio le architetture ottomane, le meravigliose moschee cinquecentesche, le torri e i bagni turchi, ma anche le semplici botteghe artigiane dei battitori di rame (kujunžije), che da mattina a sera animano le strade col loro chiasso allegro. Mostar è un mosaico di popoli e culture: vi convivono cattolici, ortodossi, islamici ed ebrei, e questo non fa che accrescerne il fascino e invogliare gli ospiti a passeggiare con occhi curiosi. Tra le attrazioni più famose c’è il già citato Ponte Vecchio realizzato nel 1566 e restaurato completamente nel 2004. Realizzato in età ottomana su progetto dell’architetto turco Hajrudin, il ponte di pietra era stato commissionato dal sultano Solimano il Magnifico e richiese ben nove anni di lavoro. Colpito dai bombardamenti del 1993 e felicemente ricostruito, il ponte è sempre stato il simbolo indiscusso della città e il protagonista di leggende misteriose. Costituito da un singolo arco di pietra che, in estate, si trova a 21 m d’altezza sull’acqua, il ponte viene utilizzato sin dal 1968 per delle bizzarre gare di tuffi che si svolgono nel mese di luglio e attirano giovani provenienti da tutto il mondo. L’evento si rifà a una tradizione locale secondo la quale i ragazzi del posto, per dimostrare la propria virilità, dovevano affrontare la prova delle gelide acque della Neretva. A vegliare sul ponte ci sono le torri Herceguša e Tara, sulla sponda sinistra del fiume, e la torre Halebija su quella destra: Tara, a pianta semicircolare, in epoca ottomana fungeva da deposito di munizioni e oggi è sede del Museo del Ponte Vecchio, mentre l’Halebija conteneva le carceri e un corpo di guardia, che serviva anche come punto di osservazione. Il Ponte Storto (Kriva Æuprija) del 1558 è meno famoso ma comunque interessante, molto simile allo Stari Most se non per le dimensioni, decisamente più modeste. Anch’esso risalente all’età ottomana, si dice sia stato realizzato come prova per l’imminente costruzione del fratello maggiore. Trascinato via dal fiume nel 2001, a causa di una piena, anche questo ponte è stato recentemente rimesso a nuovo. Nella stessa epoca venne eretta la Torre dell’Orologio, precisamente fondata nel 1630 proprio a fianco del Museo dell’Erzegovina. A base quadrata, alta 15 metri, secondo la tradizione sarebbe stata realizzata per volere di una potente signora di nome Fatima-Kaduna Saric. Danneggiata, come tanti altri monumenti, nel corso degli ultimi conflitti, la torre è stata fortunatamente ristrutturata nel 1999. Da vedere anche il Cimitero Monumentale Partigiano del 1965 (il Partizansko Groblje), situato nella parte ovest della città, immerso tra ampi spazi verdi. Creato dall’architetto Bogdan Bogdanoviæ, il cimitero è dedicato ai partigiani della città caduti in guerra e ospita 661 lapidi. Mostar ospita inoltre meravigliose moschee come quella di Karaðozbeg, o bellissime chiese tra cui quella di Franjevaèka, col campanile più alto della Bosnia-Erzegovina. Da vedere il quartiere Brankovac in stile ottomano, con le case e gli eleganti cortili delle famiglie storiche della città, e la strada Bišæeviæa sokak con la sua famosa casa turca. Per gli amanti della natura ci sono spazi selvaggi in cui dedicarsi alle escursioni, al relax e a tantissime attività sportive, come il Parco Naturale Ruište sulla montagna Prenj e la riserva naturale Diva Grabovica, e chi non si accontentasse della cittadina potrà spingersi nei dintorni alla ricerca di altri luoghi interessanti, come l’antica Blagaj e le sue fortificazioni, la medievale Poèitelj, la villa romana di Mogorjelo, i reperti archeologici di Stolac e la amata Meðugorje, meta di pellegrinaggi da ogni angolo del mondo. Il dolce clima mediterraneo dà un tocco in più al paesaggio già splendido, con le sue estati calde e gli inverni miti, mai particolarmente freddi. Infatti le temperature medie di gennaio, il mese più freddo, vanno da una minima di 2°C a una massima di 8°C, e in luglio e agosto si passa dai 18°C ai 31°C. Con delle condizioni climatiche così favorevoli il territorio intorno a Mostar è un tripudio di fiori e coltivazioni: il verde nei dintorni è costellato di agrumi, kiwi, fichi, meloni, ciliegie, albicocche, melograni e freschissime pesche. Ovviamente tanta ricchezza si riflette sulla cucina, che è dominata dai sapori naturali e fa largo uso di frutta e verdura, ma anche di miele prelibato e prodotti caseari. Tra i formaggi tipici della zona ci sono il formaggio di Livino e il “formaggio nel sacco”, da gustare con un buon vino del territorio.
Una gita a “Oberbozen” ovvero a Soprabolzano
Discesi da Cavalese, l’incantevole località della Val di Fiemme dove abbiamo trascorso le recenti festività pasquali, nello stupendo paesaggio dolomitico del Trentino Alto Adige, io e mia moglie ci siamo fatti incantare anche da Bolzano, che rappresenta una testimonianza significativa del Sud Tirolo in termini architettonici, culturali, culinari e di costumi.
(Veduta di Bolzano)
E non poteva mancare una breve gita a “Oberbozen” ovvero a Soprabolzano, una piccola località che si trova per l’appunto sopra Bolzano, a 1220 metri di altitudine, nel comune di Renon.
Per raggiungere la località abbiamo utilizzato la funivia del Renon, che parte da Bolzano, alla fine di Via Renon (la strada che costeggia la ferrovia).
(Veduta di Bolzano dalla funivia del Renon)
La durata del viaggio è di 12 minuti durante i quali si sorvolano le verdi montagne e si possono ammirare le Dolomiti in lontananza e, volgendo lo sguardo in basso, si possono perfino intravedere le cosiddette “Piramidi di Soprabolzano” (particolari formazioni rocciose) raggiungibili a piedi lungo un sentiero che parte sia da Bolzano che da Soprabolzano.
La corse della funivia hanno una frequenza di 4 minuti e, una volta giunti a Soprabolzano, si può approfittare del caratteristico trenino per continuare il percorso fra prati e boschi.
In estate e primavera Soprabolzano è ideale per fare delle belle passeggiate e ammirare lo stupendo panorama delle Dolomiti.
Ed è anche possibile assistere alla ”enrosadira”, ovvero al fenomeno per cui all’ora del tramonto, quando il sole bacia le cime delle Dolomiti, queste assumono un colore rossastro.
Durante le feste di Natale, invece, Soprabolzano è una tappa da non mancare per il suo “Trenatale”, i mercatini natalizi allestiti presso le stazioni di Soprabolzano e di Collalbo.
(Stazione di Soprabolzano: mostra delle uova pasquali colorate)
In occasione della nostra breve gita, presso la stazione di Soprabolzano era invece allestita un’interessante mostra sul tema delle uova pasquali colorate, che abbiamo naturalmente visitato.
Foto di Lorenzo Bove
“I PUCCELLATE”
E’ il dolce tipico pasquale di Poggio Imperiale.
Si tratta di una pasta dolce lievitata, alla quale viene data la forma di treccia, che, prima di essere infornata nel forno ben caldo, viene spennellata con l’uovo sbattuto.
Un tempo “i puccellate” si preparavano in casa durante la Settimana Santa, che va dal giorno delle Palme al giorno della Santa Pasqua, e si portavano poi per la cottura ai Forni del paese, adagiati su grandi spianatoie di legno (i tavelere).
I panarèlle
Le donne compivano il rito dell’unzione dei “puccellate” con l’uovo sbattuto direttamente presso il Forno, solo qualche minuto prima che fossero infornati, con massima perizia, dall’esperto fornaio pronto con l’apposita pala leggermente infarinata.
E c’era la sfida ai “puccellate” più belli, che dovevano risultare ben “cresciute” e “scijcuppate”.
Tutto il paese conosceva bene i nomi delle donne alle quali “i puccellate” riuscivano meravigliosamente bene e di quelle alle quali … proprio non riuscivano.
E questo suggestionava non poco anche la serenità delle famiglie ad opera soprattutto di alcune suocere astiose.
“I puccellate” fragranti, appena sfornati, venivano riportati a casa e messi “in dimora”; non si potevano assolutamente toccare in attesa che passasse il prete per la consueta “Benedizione Pasquale” delle case.
Restava solo il profumo e naturalmente l’acquolina in bocca.
Per i bambini, “i puccellate” venivano invece modellati a mo’ di panierino con un uovo incastonato: erano i cosiddetti “panarèlle”, che rappresentavano il regalo di Pasqua d’un tempo ai bambini.
Ancora oggi è possibile, con un po’ di buona volontà, preparare in casa sia “i puccellate” che “i panarèlle” infornandoli nel proprio forno di casa.
Naturalmente le dimensioni di oggi sono più contenute rispetto alle enormi trecce (i fresce) di un tempo.
Ecco la ricetta dei “puccellate” poggioimperialesi:
Ingredienti
Farina 00: gr. 600 ; Zucchero: gr. 100; Uova: n. 4; Burro: gr. 80 (temperatura ambiente) ; Lievito di birra: 1 dado; Lievito in polvere per dolci: 1 cucchiaino; Vanillina: 1 bustina; Un limone grattugiato; Un pizzico di sale; Latte: 160 ml.
Procedimento
Versare lo zucchero e il lievito di birra sbriciolato in una ciotola e unire il latte tiepido, mescolando ben bene. Lasciare riposare per qualche minuto. Su una spianatoia versare la farina a fontana, unire le uova, il burro, il limone grattugiato e il composto di latte e lievito, indi impastare bene. In una capiente ciotola spolverare un po’ di farina e versarvi l’impasto. Coprire con un coperchio e un panno e lasciare lievitare in un luogo tiepido per circa un’ora, fino a quando l’impasto raddoppia il suo volume. Versare l’impasto sulla spianatoia, staccare dei pezzetti, lavorarli per qualche secondo, fare dei bastoncini e formare delle trecce. Foderare una piastra da forno con carta da forno, adagiarvi le trecce e farle lievitare fino al raddoppio del loro volume. Spennellare le trecce con un uovo sbattuto e infornare (forno già caldo a 160°) per un quarto d’ora.
Per la versione “panarèlle”, invece, fare le treccine un po’ più lunghe e chiuderle a cerchio, indi poggiare sulla chiusura un uovo crudo con tutto il guscio e terminare con delle striscioline di impasto per la guarnizione dell’uovo.
Sicuramente si tratta di una ricetta rivisitata e più rispondente ai gusti e gradimenti attuali.
In passato venivano utilizzati prodotti più rustici (tipo la sugna che in dialetto poggioimperialesi era detta “a saìme”) con l’effetto che “i puccellate” risultavano meno soffici e fragranti.
Non è dato sapere l’origine di questo dolce tipico pasquale poggioimperialese, tuttavia si rinvengono alcuni riferimenti storici relativi ad un pan dolce o anche salato chiamato “buccellato o puccellato” nel beneventano, in terra del Sannio.
Dall’antico pane che in epoca tardo romana veniva dato ai militari, la cui etimologia deriva forse da “buccello”, boccone, è successivamente nato il “puccellato”, una specialità le cui origini sono talmente antiche da perdersi nel tempo dei tempi.
Si tratta di un prodotto da forno la cui ricetta originale è stata tramandata di generazione in generazione ed è sicuramente di epoca pre-medievale, dato che è menzionato in alcuni documenti del XII come pagamento per i fitti che gli inquilini dovevano ai padroni.
Ne esistono due versioni, una dolce ed una rustica (salata), che si differenziano per l’utilizzo di alcuni ingredienti (lo zucchero in un caso ed il sale nell’altro), ma che sono identiche nella lavorazione.
Il “puccellato rustico”, insieme alla “copeta” di epoca romana, è il prodotto più antico del Sannio. La sua origine è presumibilmente tardo romana, quando veniva indicato come “buccellatus panis” (pane militare) derivato forse anche dal nome della “buccella”, il recipiente in cui era contenuto per fermentare e cuocere.